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Firenze, tentò di violentarla: la Corte d'Appello aggrava la pena

Per l'indiano che inseguì e aggredì una ragazza in via Baracca condanna aumentata a 5 anni e 6 mesi

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Finalmente le hanno creduto. Finalmente i giudici di appello hanno riconosciuto che la notte fra il 21 e il 22 febbraio 2017 l'operaio indiano di 30 anni Harwinder Singh, dopo aver seguito per chilometri una ragazza di 23 anni che rientrava a casa dal pub in cui lavora, tentò di violentarla e per questo la aggredì brutalmente alle spalle in via Baracca stringendole un laccio intorno al collo per tramortirla, sottometterla, abusare di lei. Solo il coraggio, la prontezza di riflessi, l'adrenalina, la forza della disperazione le permisero di divincolarsi e di gridare. Due operai del Quadrifoglio corsero in suo aiuto. Singh fu bloccato da una pattuglia di finanzieri. Ma poi, nonostante la battaglia del pm Sandro Cutrignelli, del procuratore Giuseppe Creazzo e dell'avvocatessa di parte civile Stefania Siciliani, il gip convalidò l'arresto solo per lesioni e non per tentata violenza sessuale e scarcerò Singh, imponendogli soltanto l'obbligo di dimora a Fiumicino, dove lavorava come bracciante agricolo. Il 10 aprile 2017 fu bloccato all'aeroporto di Fiumicino mentre tentava di imbarcarsi per l'India e finì in carcere. Il 2 agosto, in primo grado, al termine del processo con il rito abbreviato che comporta automaticamente lo sconto di un terzo della pena, Singh venne assolto dalla tentata violenza sessuale e condannato a 4 anni solo per lesioni e per calunnia ai danni dei finanzieri che lo avevano arrestato (li aveva accusati di averlo picchiato). Ieri invece la corte d'appello, presieduta dal giudice Alessandro Nencini, ha accolto il ricorso del pm e ha condannato Singh, difeso dall'avvocatessa Chiara Rugi, a 5 anni e 6 mesi per tentata violenza sessuale, lesioni e calunnia (reato, quest'ultimo, per il quale ha lievemente ridotto la pena). Se ieri la pena non fosse stata aggravata, Singh sarebbe tornato presto in libertà per effetto degli sconti previsti dalla legge.

In aula, l'immensa aula 32 della corte d'appello, c'era anche la ragazza aggredita, che temeva proprio questo. Quando il gip aveva scarcerato il suo aggressore, nessuno l'aveva avvisata. "Non sono lieta che quest'uomo passi degli anni in prigione. So che il carcere è un inferno per tutti, anche per chi se lo merita. Mi solleva però pensare che ora quest'uomo è in carcere per il motivo giusto, per il vero crimine che ha commesso, anche se mi dissocio da chi invocava per lui l'ergastolo o la pena di morte. Non voglio che la mia vicenda venga usata come uno stendardo per certi movimenti. Questa persona mi ha fatto del male, sì, molto male, ma non vedo mostri dove ci sono uomini. So che nonostante tutto lui è un uomo con dei problemi, una persona che viveva ai margini della società, in una baracca, sfruttato da un italiano. E data la realtà delle carceri, rischia di uscirne danneggiato invece che riabilitato. Spero che non sia così. E, ripeto, mi solleva che sia stata decisa una condanna per il crimine che ha commesso".