Firenze

L'illustrazione è di Valentina Inzaghi Dontree  

Cartoline da Lesbo, tutte le volte che Yusuf ha scavalcato un confine tra fughe e botte

Padre, 27 anni, lavoratore, gli mancano tre esami per laurearsi. Dopo 10 tentativi è riuscito a oltrepassare il confine tra la Siria e la Tuchia per poi arrivare sull'isola greca. Ora vive in tenda con altri otto. Senza elettricità. Cibo crudo o scaduto. Docce calde solo ogni tanto...

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Si chiama "Cartoline da Lesbo" la rubrica che pubblichiamo: è una finestra sull'isola greca diventata negli ultimi due anni la testa di ponte delle ondate di profughi dirette verso l'Europa. Gli articoli sono scritti da Allegra Salvini, 22 anni, studentessa fiorentina fresca di laurea triennale in Scienze politiche (indirizzo internazionale) e volontaria per una ong a Lesbo nel grande campo profughi di Moria. Qui la prima puntata  Qui la seconda puntata   Qui la terza puntata Qui la quarta puntata

STORIA YUSUF - SIRIA

Oggi nella cartolina n. 5, come promesso, vi racconto del mio amico Yusuf dalla Siria…
Una mattina, mentre mi aggiro per il campo di Moria, una voce gentile mi chiama:
“Hey my friend, where are you from?”  “Italy” “Ah… Italy, good! Juventus, Roma, Milan, eh…?” Era Yusuf!
Partita a parlare di Juve e Milan, la nostra è diventata pian piano un’amicizia. Un mese dopo, in una domenica di aprile, ci siamo ritrovati su una panchina, io con carta e penna e lui con una bottiglietta d’acqua pronta per schiarirgli la gola: Yusuf aveva deciso di raccontarmi tutta la sua storia. Dall’inizio!
Yusuf, 27 anni, lavoratore, studente, marito e padre, viene da Deir el-Zor (circa 400 km da Aleppo). Quando è iniziata la guerra in Siria nel 2011 Yusuf aveva un buon lavoro e allo stesso tempo frequentava all’università il corso di laurea in letteratura inglese, materia che tuttora ama molto e che vorrebbe continuare a studiare. Gli mancherebbero soltanto 3 esami per laurearsi! Da quando le forze governative siriane sono arrivate nella sua città, l’atmosfera è diventata invivibile, le strade non sicure e la paura crescente. Il timore maggior era quello di dover forzatamente dimostrare di essere parte di una delle coalizioni in guerra arruolandosi in una di queste: o con noi, o con loro. E intanto insicurezza, scontri, bombe e vittime attorno aumentavano. È così che Yusuf, sua moglie e i suoi tre bambini nel 2017 hanno deciso di lasciare la Siria. Si sono spostati velocemente a Raqqa (a più di 100 km da Deir el-Zor) e da lì Yusuf ha scelto di intraprendere il viaggio verso la Turchia da solo, con l’obiettivo di trovare connessioni con i vari trafficanti sperando di facilitare poi il viaggio a moglie e bambini in un secondo tempo.

SIRIA-TURCHIA

Prima di riuscire ad oltrepassare il confine Siria-Turchia, Yusuf, ha provato ben dieci volte. Sempre in mano a trafficanti e sempre nella notte, per scappare ai controlli della polizia di frontiera turca. Mi racconta che l’orario in cui le persone (in gruppi di circa 20/25) tentano il passaggio è solitamente intorno alle due di notte. Il tratto che devono percorrere è in una foresta, nella quale spesso si deve pernottare per giorni nell’attesa del momento propizio per oltrepassare il confine. Una delle volte in cui era lì lì per farcela, quasi nel punto di attraversamento della frontiera, nella foresta, la polizia turca li ha intercettati ed ha iniziato a sparare mentre loro si sono nascosti tra alberi e frasche. Yusuf ha ancora la cicatrice di una pallottola che ha strisciato il suo polpaccio. Ringrazia Allah di non averci rimesso la gamba, o peggio… Un’altra volta, mi racconta, uno dei ragazzi del suo gruppo è stato colpito da un agente turco che gli ha sbattuto la portiera dell’auto contro la testa finché non è caduto a terra perdendo conoscenza. Alla fine però, dopo nove volte in cui è stato intercettato, bloccato, maltrattato, picchiato, insultato e minacciato, Yusuf, al decimo tentativo, è riuscito a passare il confine e a raggiungere la Turchia. Questo primo tratto, Siria –Turchia, scortato dai trafficanti, è costato a Yusuf 600$.

IN TURCHIA

 Una volta in Turchia, Yusuf ha raggiunto Istanbul con l’idea di aspettare lì la sua famiglia, ancora in Siria, a Raqqa, per poi partire insieme per la Grecia. Nell’attesa, per 300 lire turche al mese ha affittato una casa con altri 15 migranti siriani. Alcuni di loro, non potendo permettersi di sopravvivere in Turchia, hanno trovato lavori irregolari dove per turni di 14 ore al giorno il salario che si riceve non è mai quello accordato. Yusuf è stato fortunato perché il fratello dalla Germania l’ha aiutato in quei mesi. Intanto, nonostante Yusuf avesse preso contatti con alcuni trafficanti, sua moglie ed i suoi figli non sono mai riusciti ad attraversare il confine. Yusuf mi spiega infatti che spesso i trafficanti non prendono la responsabilità di far passare il confine a donne e bambini perché le condizioni in cui queste persone devono stare per giorni nella foresta non consentirebbero a molti di loro di farcela. Ma soprattutto perché i bambini nel tragitto potrebbero piangere o urlare, facendo scoprire l’intero gruppo dalla polizia turca. Per questo motivo, dopo mesi di tentativi, la moglie di Yusuf ha momentaneamente desistito e Yusuf ha deciso di proseguire verso la Grecia. Ancora da solo.

TURCHIA-GRECIA

Giunto a Izmir (città da cui la maggior parte delle barche salpa illegalmente per la Grecia), in un mese, Yusuf ha provato ad attraversare il mare per quattro volte. Alla quinta c’è riuscito. I tipi di barca/gommone con cui si può scegliere di attraversare il mare sono due. La prima è un’imbarcazione grande (con una capienza fino a 70 persone) dove ci sono per lo più famiglie e con la quale, per il tragitto Izmir-Lesbo, si spende 400$. Il secondo tipo, invece, è solo per chi sa nuotare e questo discrimine fa già capire quanto alto sia il rischio di incidenti in mare… Il costo per un viaggio con quest’ultima è di 250$ e la capienza è tra le 10 e le 15 persone. Yusuf ha iniziato provando con una di queste barche. Dopo qualche miglia in mare però il motore si è fermato. Lui ed altri nove uomini si sono ritrovati a nuotare nell’acqua gelida di dicembre per tornare, ancora, sulle rive turche. Per altre due volte, nel momento in cui si trovava già in mare, l’imbarcazione di Yusuf è stata intercettata dalla polizia turca che, a seguito dell’accordo con l’UE, ha l’obbligo di bloccare tutte barche e portare chi vi è a bordo direttamente nelle prigioni turche. Per ben due volte, questa è stata la sorte di Yusuf: intercettato in mare, due giorni di prigione senza acqua o cibo (garantiti soltanto alle donne) e poi rilasciati. È così che arriva a raccontarmi dell’ultimo tentativo che è stato l’unico, letteralmente, andato in porto. Barca di grandi dimensioni: famiglie, donne incinta, bambini urlanti. Il motore che si spenge in continuazione e Yusuf che immagina già il seguito. Eppure, quella volta ce l’hanno fatta davvero. La notte di capodanno 2018, Yusuf, dopo quattro ore di viaggio su un’imbarcazione di fortuna, ha raggiunto l’isola di Lesbo, la Grecia, l’Europa! Il prezzo pagato per il tragitto Izmir – Lesbo è stato di 400$.

GRECIA- LESBO- MORIA

Oggi Yusuf vive nell’ hotspot di Moria da quasi cinque mesi, in una tenda con altri otto uomini tra palestinesi e siriani. Ora si soffre terribilmente il caldo, in inverno si soffriva il freddo. Non ha elettricità. Non c’è la minima privacy. Le docce sono pochissime rispetto al numero di abitanti e l’acqua calda spesso manca. Il cibo che viene distribuito è molto spesso crudo o scaduto. Quasi ogni giorno scoppiano risse nate da motivi di convivenza forzata. Yusuf, per l’appunto, qualche tempo fa è stato assalito dai suoi compagni di tenda che, per un piccolo contenzioso, usando un pezzo di ferro lo hanno colpito ripetute volte in volto dove si vedono ancora i segni.
Yusuf sembra stanco adesso. Ha tenuto stretta tra le mani la sua bottiglietta d’acqua fino ad ora senza mai aprirla o fare una pausa. Pensa alla sua famiglia, ai suoi bambini. Vuole in tutti i modi continuare a studiare per finire quei dannati 3 esami e spera di andarsene presto da quest’isola. 

Dopo la domenica in cui mi ha raccontato questa storia, non ho rivisto Yusuf per un po’. Qualche giorno fa sono passata davanti alla sua tenda e ho chiesto di lui. “Non vive più qui” mi hanno detto. “È arrivata la sua famiglia, adesso vive in una tenda con loro”. Vado a trovarli e… indovinate? La moglie e i figli di Yusuf erano tra i siriani del gommone che vi ho descritto la scorsa settimana (link cartolina 4), arrivati sulle coste dell’isola di Lesbo proprio quel sabato 5 Maggio.