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Sapete che vi dico? Il Brasile si tenga pure il suo Cesare Battisti

Sarà per stanchezza, anzi sfinimento, o per cinismo, che prima o poi avverti come tentazione in questo mondo alla rovescia che non è solo quello italiano, è da tempo che non riesco più a interessarmi più di tanto alla vicenda di quel campione del disonore nazionale che è il Cesare Battisti in fuga da anni per scampare agli ergastoli guadagnatisi dalle nostre parti come terrorista. Che lui ha continuato ad essere nella testa, come concezione di vita e di rapporti col prossimo, anche dopo che il terrorismo – almeno quello italiano – è finito lasciandolo orfano o disoccupato. E al posto delle pistole e dei mitra egli ha cominciato ad usare il computer come arma-giocattolo, con cui scrive addirittura libri che sono riusciti a trovare persino lettori e acquirenti, a dimostrazione del rovescio del mondo cui accennavo all’inizio.

Mi spiace sinceramente per gli scampati alle sue imprese sanguinarie, sani o malandati che siano, e per i parenti dei morti che ha collezionato nella sua sciagurata esistenza, ma di questo Cesare Battisti non me ne frega più assolutamente nulla. Se lo tengano pure in Brasile, dove un giudice ne ha appena ordinato la scarcerazione, su istanza naturalmente dei suoi avvocati, giusto per fottere il governo che si apprestava ad espatriarlo in Italia in cambio dell’impegno assunto – francamente non so come e dove, e con quali modalità – di uno sconto di pena che gli permettesse di non morire in carcere, come vorrebbero gli ergastoli comminatigli a suo tempo dai nostri tribunali, ma non previsti dalla legislazione brasiliana per i reati di cui il rifugiato si è reso responsabile.

Vedo che il Brasile è messo, quanto ad amministrazione della giustizia, rigorosamente al minuscolo, e a situazione politica, peggio dell’Italia. Il che un po’ mi consola.

Sapete che vi dico? A questo punto, visto anche il pasticcio nel quale stava maturando l’estradizione, almeno dalle notizie circolate fra Brasile e Italia, mi auguro – ripeto – che i brasiliani finiscano per trattenersi il loro, ormai, Battisti e per mantenerselo, nelle carceri dove è destinato anche lì ad entrare di tanto in tanto un po’ per la sua condotta e un po’ per la precarietà delle istituzioni di quel Paese. I cui rappresentanti possono concedere, ritirare, modificare come pare loro permessi, rifugi e quant’altro a malviventi o simili che passano da quelle parti.

Noi in Italia possiamo pure continuare a tenerci ben strette le targhe e i monumenti guadagnatisi da un altro Cesare Battisti: il campione e martire dell’irredentismo impiccato dagli austriaci a Trento il 12 luglio 1916, durante la prima guerra mondiale o ultima, come preferite, del Risorgimento italiano.

Fra le colpe che addebito e non potrò mai perdonare al Battisti ospite dei brasiliani c’è anche quella di averci condannato a trovare il suo nome nelle banche dati, o come diavolo volete chiamarle,  ogni volta che cerchiamo di rinfrescarci la memoria col Cesare Battisti patriota.

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