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Il contrario di populista? De Gasperi. Il prof. Giovagnoli spiega perché

Di Agostino Giovagnoli

Alcide De Gasperi è al centro di uno degli spot dell’attuale propaganda populista per il famoso cappotto che si fece prestare da Piccioni, perché non ne possedeva uno presentabile, quando andò alla Casa Bianca nel gennaio 1947. È il segno – sottolinea questa propaganda – del fatto che antepose gli interessi del paese ai suoi interessi personali. Vero. Ma ciò non significa affatto, come insinua indirettamente questo spot, che avesse qualcosa di populista. Indubbiamente, tra le sue virtù ci furono anche l’onestà, la parsimonia, la sobrietà. Ma perché non citare anche il rigore del linguaggio, l’avversione per la retorica e l’amore della verità? Il populismo non ha titoli per impadronirsi di De Gasperi che è stato, sotto tutti i punti di vista, il contrario di un populista. Non lo mostra solo la totale diversità, umana e morale prima ancora che politica, verso quel Duce del fascismo che lo fece arrestare e lo ridusse alla miseria, mentre alle parole e agli atteggiamenti di Mussolini gli attuali populisti alludono con compiacimento. De Gasperi fu radicalmente antipopulista perché ha costruito tantissimo mentre i populisti distruggono moltissimo. Fu definito, non a caso, il Presidente della Ricostruzione.

Lo statista trentino fu anzitutto il maggior interprete di una classe dirigente anti-fascista che scelse di assumersi davanti al mondo le responsabilità dell’aggressione italiana pur essendo totalmente estranea al fascismo. Per gli Alleati, infatti, erano gli italiani nel loro complesso che dovevano rispondere dell’alleanza con Hitler e della scelta di entrare in guerra contro di loro. De Gasperi – come altri leader dei partiti antifascisti – non si sottasse a questa enorme responsabilità, non si nascose dietro il gioco delle accuse a chi aveva governato prima e accettò di pagare il prezzo di colpe non sue per ridare dignità all’Italia nel contesto internazionale. Prima gli italiani, si potrebbe commentare, e per davvero, a differenza di chi oggi ripete vacuamente questo slogan.  “Non è, questa che facciamo, politica semplicemente di un Governo che passa – disse nel 1946 alla Consulta -: è un rendiconto della nazione italiana innanzi al mondo. Dovevo forse esaminare al microscopio delle nostre miserie e ansie la situazione presente e non piuttosto il passato e l’avvenire del nostro paese visti al telescopio della nostra responsabilità storica?”. “Dal microscopio delle nostre miserie al telescopio della nostra responsabilità storica” è un’altra espressione che rende bene la distanza tra De Gasperi e il populismo. Lo statista cattolico guardò davvero lontano e in pochissimi anni di suo governo l’Italia raggiunse traguardi impensabili: il passaggio alla Repubblica, la nuova Costituzione, le prime elezioni politiche, la ricostruzione economica, la firma del trattato di pace, l’adesione agli accordi di Bretton Woods e l’adesione nel Fondo Monetario internazionale, l’ingresso nella Nato…

De Gasperi, insomma, è stato l’architetto della Nuova Italia. E’ stato anche definito il Cavour della Repubblica: entrambi hanno avuto un ruolo decisivo nella costruzione dello Stato italiano, la cui importanza nella vita del paese e in quella degli italiani è stata ed è cruciale. Tale costruzione è oggi fortemente minacciata e potrebbe addirittura collassare sotto le spinte di nuovi barbari che non vengono da fuori da dentro i confini nazionali: sono gli italiani, siamo tutti noi quando ascoltiamo le sirene del populismo. Ricordare De Gasperi è quest’anno particolarmente importante: questa commemorazione, infatti, ci chiama tutti a difendere nei fatti e non a parole ciò che è stato costruito dalle generazioni precedenti.

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