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La minaccia Isis torna attiva. Ecco cosa ha detto al Baghdadi

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Il capo dello Stato islamico, l’autoproclamato califfo Abu Bakr al Baghdadi, ha diffuso un audio messaggio, il primo dopo circa un anno e mezzo dal precedente, il 28 settembre del 2017.

Quello che dice Baghdadi ha diverse sfumature, e come sempre accade con i gruppi terroristici, la simbolistica ha più valore dei contenuti. Che nel caso sono deboli: sostanzialmente il Califfo attacca i suoi nemici, dichiarati nemici di tutti i musulmani, invita i seguaci a nuovi attacchi (in Europa e Stati Uniti), ma sa perfettamente di aver perso parte delle fascinazione dovuta alla dimensione statuale della sua organizzazione. E dunque aver perso parte della sua forza – ma non per questo è sconfitto del tutto.

Ad oggi, dopo quattro anni di una martellante campagna militare condotta su Siria e Iraq dalla Coalizione internazionale a guida americana, lo Stato islamico controlla meno del dieci per cento del territorio che aveva occupato, amministrato e trasformato in uno stato de facto, qualche mese dopo l’inizio della sua avanzata epica con cui era venuto fuori dal sottofondo sociale iracheno (l’occupazione di Falluja e Mosul, la proclamazione del Califfato, il 29 giugno del 2014).

Innanzitutto, l’audio dimostra che Baghdadi è vivo, a dispetto delle tante notizie false sulla sua morte. Da anni vive nascosto secondo livelli di controllo e sicurezza paranoici, ma è chiaro che debba essere così, perché sulla sua testa pende la taglia del terrorista “most wanted”. Nel vocale, che dura 54 minuti e che sembra essere autentico (ma richiederà comunque verifiche più approfondite dagli analisti specializzati), ci sono riferimenti a fatti cronologicamente inquadrabili nelle ultime settimane: è una chiave narrativa utilizzata dai gruppi terroristici per confermare la temporalità attuale delle parole nel messaggio.

L’audio è stato diffuso nella serata di mercoledì dalla al Furqan Foundation, uno dei media ufficiali dello Stato islamico, e si intitola “Give Glad Tidings to the Patien”, qualcosa come “dai la buona notizia al paziente”. Baghdadi, che secondo il revisionismo storico-religioso califfale è l’Amir al-Mu’minin (ossia il comandante dei fedeli), ha augurato ai musulmani un buon Eid al Ahda (la festa dell’offerta, celebrata quest’anno dal 21 al 25 agosto) – uno dei segnali che la registrazione è attuale, un altro è per esempio i riferimenti alla querelle diplomatica tra Turchia e Stati Uniti attorno alla vicenda del pastore Brunson.

Il giornalista di origini siriane Hassan Hassan – autore nel 2015 di “ISIS: Inside the Army of Terror“, best seller del New York Times e riferimento per gli studi sul califfato baghdadista – ha raccolto su Twitter alcuni punti interessanti sul messaggio i Baghdadi. Di seguito.

Baghdadi richiede attacchi in Occidente e in tutto il mondo, la prima volta che arriva una tale chiamata direttamente da lui, precedentemente incaricato di certe mansioni era Abu Mohammed al Adnani, ex influentissimo megafono del Califfato, eliminato da un attacco mirato americano nell’agosto del 2016. Addirittura il Califfo ha specificato di usare attacchi tipo car-ramming, ossia guidare un’auto sulla folla, e ha detto che un attacco del genere in Occidente equivale a mille attacchi nel Siraq.

Il Califfo ha anche consegnato un messaggio alle tribù sunnite in Iraq, dicendo che i loro membri sono stati deportati in pieno giorno, nonostante le loro richieste di protezione verso le milizie sciite (filo-iraniane) che hanno aiutato l’esercito iracheno, a terra, a liberare le aree occupate dall’IS – non senza settarismi appunto contro i sunniti. Un riferimento anche ai giordani, in particolare nominando tribù e città, deridendoli per rivoltarsi contro il governo “per il pane e non per la sharia” (che manca).

Baghdadi dice anche che l’Arabia Saudita cerca di “occidentalizzarti, secolarizzarti, in una campagna sistematica per farti apostatare e distruggere la metodologia di vita Suna wa Jamaa (un modo di indicare i sunniti, ndr)” e mette in guardia i veri credenti contro i chierici che difendono i regnanti Al Saud in nome della stabilità e della fitna. Chiede azioni armate contro i sauditi, una delle tante conferme contro le varie ricostruzioni fasulle e sghembe secondo cui il Califfato è un’emanazione del Regno: il Califfo odia Riad, apostata e occidentalizzata. Questo genere di riferimenti è classico, ma questa volta, per la prima volta, Baghdadi menziona esplicitamente gli Emirati Arabi Uniti: Abu Dhabi è considerata peggiore di Riad nella visione califfale.

Nella seconda parte, nota Hassan, c’è un po’ più di sostanza e meno retorica: Baghdadi cerca di appellarsi ai ribelli siriani dopo le perdite militari in Ghouta, Deraa e potenzialmente Idlib. L’Is non si è mai arreso, dice, ha sempre combattuto fino alla fine. Mette a confronto il dialogo cercato dai ribelli siriani e la forza religioso-militare dello Stato islamico, chiede esplicitamente ai siriani di unirsi all’Is.

Poi c’è un passaggio geopolitico. Baghdadi dice che il rifiuto della Turchia di rispettare le sanzioni statunitensi sull’Iran è un segno della crescente debolezza americana. Dice che i mujaheddin hanno indotto gli Stati Uniti ad allinearsi con le milizie sciite in Iraq e hanno indotto la Russia a venire in Siria per competere con gli americani.

 

 

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