Sei ragazzi missionari per un mese

In Africa e in Sudamerica con il centro diocesano per occuparsi di bimbi e malati. «Lo rifaremmo»

MANTOVA. Silvia De Mattia ha 26 anni e insegna alle elementari, Elena Merighi, 28 anni, è un’educatrice, Giulia Beschi e Federica Caiona hanno 24 anni e studiano economia e scienze pedagogiche, Martina Galeotti, 23, studia giurisprudenza e Enea Grassi, 39 anni, studia teologia in seminario.

Cosa li accomuna? Un’esperienza di un mese da missionari. Un viaggio promosso dal Centro missionario diocesano al quale i ragazzi hanno partecipato divisi a coppie. Giulia e Federica hanno preso l’aereo l’11 ottobre destinazione Perù, Huaraz, Martina e Enea il 21 luglio per il Brasile, Sao Mateus (Maranha), mentre Silvia il 22 agosto per l’Africa, Mozambico, Inhassoro, ed è stata raggiunta 15 giorni dopo da Elena. «I primi quattro giorni li abbiamo trascorsi alla periferia di Lima. Mai vista così tanta polvere e sabbia» racconta Giulia. Durante i 30 giorni le ragazze, che già si conoscevano prima del viaggio a differenza degli altri quattro partecipanti, si sono occupate della mensa di una scuola statale, hanno seguito giovani dai 6 ai 17 anni e il doposcuola gestito da una missionaria italiana.

«Per arrivare al doposcuola sulle montagne usavamo un pulmino. Eravamo in 20 su un bus che poteva portare al massimo 9 persone. Ma là è normale». Per quanto riguarda la lingua «alla fine ci si capiva. Le nostre frasi erano un mix di italiano e parole spagnoleggianti». Nell’ultimo fine settimana le ragazze sono entrate nelle case per visitare gli ammalati. «Alcuni erano abbandonati a loro stessi. Difficile dimenticare un signore lasciato solo nella sporcizia». Impossibile scordare anche i bambini «che ci correvano incontro per abbracciarci».

Un rapporto speciale con i bimbi è stato anche quello vissuto da Silvia e Elena in Mozambico che seguivano un asilo e i ragazzi orfani dai 6 ai 14 anni ospitati nella missione. «I piccoli appena ci vedevano ci saltavano addosso. All’asilo accompagnavamo anche i bimbi in bagno: quattro lamiere e un po’ di sabbia e niente più» ricorda Elena. E per imparare la lingua Silvia ha messo in atto uno scambio di conoscenze coi ragazzi della missione. Lei insegnava loro l’inglese e loro il portoghese. E ad averle colpite è stato anche il senso di ospitalità della comunità.

«Se mancavano delle sedie anche il più anziano si alzava per farti accomodare. La loro capacità di fare festa poi è sorprendente. La messa, con canti e balli, durava 3 ore per ringraziare per quello che avevano. Anche se non era molto». E accolti a braccia aperte sono stati anche Enea e Martina che si sono occupati di un asilo e hanno affiancato un avvocato che incontra i contadini per aiutarli a difendersi nelle cause contro i grandi latifondisti che cercano di rubare loro la terra.

«Hanno una grande capacità di accoglienza - raccontano -. Ci preparavano tutto ciò che avevano anche se poi rischiavano di non mangiare per una settimana». E l’esperienza in missione i sei ragazzi la ripeterebbero al più presto consigliandola anche ai loro coetanei. «Quando si torna si coglie la realtà sotto un altro punto di vista - dicono col sorriso all’unisono-. Certi problemi sembrano ora sciocchi e alle lamentele della gente si diventa insofferenti». Il progetto “Giovani in missione” riparte anche nel 2018 e domenica alle 15.30 in Seminario, sede del centro missionario, si svolgerà l’incontro di presentazione.

Barbara Rodella
 

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