Migranti, un problema anche nel Settecento

Povertà e tensioni sociali. Ma per Mantova erano una risorsa

Allora come oggi, non uguale ma simile. Anche nel ‘700 c’era il problema dell’immigrazione, a Mantova. Problema perché, guarda caso, a quel tempo – più o meno nei 50 anni tra il 1745 e il 1795 – la crisi economica mordeva. Quindi povertà, vagabondaggio e conseguente criminalità accompagnata da inevitabili tensioni sociali. Così c’era chi voleva pene più severe, e chi – come Cesare Beccaria, accademico a Mantova – le voleva giuste e commisurate alla gravità dei delitti. Ma, ribaltando il problema, l’immigrazione era anche una risorsa perché gli immigrati mantenevano la popolazione di Mantova stabile, intorno ai 25mila abitanti. Matematica, anno 1780: 38,2% natalità, 42,9 mortalità. Saldo negativo 4,7. Immigrazione 4,5 e siamo quasi in pareggio.

A raccontarlo è Alessandro Lai, nato a Mantova nel 1960, presidente della Classe di scienze morali dell’Accademia nazionale virgiliana e professore ordinario di Economia aziendale nell’Università di Verona, che sabato scorso, insieme con altri studiosi, è intervenuto nella sala Ovale dell’Accademia con una relazione che ha toccato anche questo tema.

Da dove venivano i migranti? Non dall’Africa come oggi. «Venivano dalle valli degli Appennini, dalle Alpi, dalle terre povere del Po, dell’Adige e del Brenta», dice Lai. E il bello è che l’Accademia di Mantova (quella che poi diventerà Virgiliana) non discuteva solo di questioni “accademiche” e puramente filosofiche, di Arcadia, di versi alessandrini, di pace agreste e trastulli bucolici. No, affrontava temi sociali, di utilità pubblica. Maria Teresa, la sovrana, e dopo di lei gli altri imperatori Asburgo, erano gente pratica, concreta. E anche gli accademici mantovani si dimostrarono tali. Si sentivano investiti di responsabilità.

I problemi da risolvere erano del tipo: come trovare un equilibrio economico e demografico? Oppure: essendo agricoltura, commerci e manifatture in grave difficoltà, come far fronte alla precarietà del lavoro? Come superare la crisi? Come tenere lontane le manifatture straniere e favorire l’export? Su argomenti di tale portata, nel 1780 fu bandito un concorso. Il titolo della relazione di Lai, sabato, è stato proprio La “Responsabilità Sociale” nelle dissertazioni presentate al concorso indetto dalla Reale Accademia di Mantova nel 1780. Ma nessun candidato fu all’altezza di dare risposte adeguate. Non ci fu vincitore. Il concorso fu riproposto nel 1782. Niente da fare, nessun premio fu assegnato. La commissione esaminatrice era implacabile. Cosa accadde poi? Con la rivoluzione francese crollò il sistema. Nel 1797 i francesi arrivarono a Mantova. Riassumendo: l’Accademia di Mantova, come le altre accademie delle città vicine e lontane, percepiva il “problema sociale”, era immersa nella realtà dei suoi giorni. Così come lo è oggi. Ricordare il passato è giusto. Ma lo è ancor di più fare in modo che «la cultura e il confronto delle idee, alimentino con tensione morale il presente e il futuro», dice Lai.

Gilberto Scuderi

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