A Nazareth tra modernità e tradizioni

Convince la pellicola scritta e diretta dalla Jacir, prima regista donna palestinese

“Wajib”, che sta per dovere in italiano, designa la pratica che in Palestina spetta agli uomini della famiglia della sposa, di recare a mano l’invito a nozze. In questo caso sono il padre e il fratello di Amal che alla guida di una vecchissima Volvo s’incaricano di recapitare 340 buste, su e giù per le strette vie della Nazareth del quartiere cristiano palestinese. Stradine che oltre a imporre le pendenze sono intasate di auto in colonna, per non dire di quelle in sosta e delle cassette delle immondizie che nessuno svuota. Non mancano i litigi anche violenti per il parcheggio, e funerali con la bara in spalle a bloccare il traffico.

Scritto e diretto da Annemarie Jacir (prima regista donna palestinese), il film offre un quadro di varia umanità, e se gli uomini tendono ad ammosciarsi con una sigaretta e un caffè, i ritratti più vividi sono dedicati alle donne, la bella e intelligente cugina avvocato, l’antica compagna di scuola del padre che non demorde, la figlia che deve scegliere l’abito e spera nell’arrivo della madre risposatasi negli Stati Uniti, la parrucchiera che pettegola. Protagonisti sono però l’anziano professore Abu Shadi, divorziato da colei che “voleva di più”, e suo figlio architetto Shadi, che vive ed esercita a Roma, ed è tornato per il matrimonio della sorella. In Italia, il giovane convive con una palestinese, ma il padre, che si sente solo, insiste perché si sposi e scelga una di Nazareth. Il litigio che serpeggia lungo il percorso, e per l’intera giornata, è dovuto a una diversa visione identitaria. Riguarda i compromessi che un palestinese deve accettare per vivere in Israele, e al contrario il radicalismo di chi se n’è andato via, e abituato alle analisi con un rifugiato dell’Olp, guarda criticamente le piccole viltà, le rassegnazioni, l’annoiato trantran di chi non vuol abbandonare la città natale, che tra l’altro l’architetto trova deturpata da un abuso di plastica. Non v’è soluzione alla discussione, se non riassorbendola nei legami affettivi.

L’aspetto che maggiormente colpisce risiede nelle pieghe dei due ritratti, che di là delle irritazioni, teneramente si cercano in mille modi, anche parlando della moglie/madre che li ha abbandonati. Ottimi Mohammad e Saleh Bakri, anche fuor di finzione padre e figlio. (a.c.)



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