Gazzetta di Modena

Modena

Scontri a Piacenza, carabiniere pestato: indagati 2 modenesi

di Carlo Gregori
Scontri a Piacenza, carabiniere pestato: indagati 2 modenesi

Sono attivisti di un collettivo di estrema sinistra, con loro coinvolti altri nove estremisti di altre città. Il militare sarà operato

14 febbraio 2018
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PIACENZA.Inizia a stringersi il cerchio intorno ai protagonisti degli scontri che sabato scorso a Piacenza - durante un corteo di protesta per l'apertura di una sede di CasaPound nel centro cittadino - sono culminati con l'aggressione a cinque carabinieri uno dei quali, il brigadiere capo, Luca Belvedere, accerchiato e picchiato, ha subito una frattura scomposta ad una spalla che sarà operata domani.

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Indagati i due organizzatori del corteo contro i neofascisti. Dovranno rispondere solo dei reati di istigazione a delinquere e per la violazione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Gli altri reati ipotizzati come violenza privata, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi sono attribuite a cinque giovani tra i 27 e i 30 anni. Tra questi ci sarebbero due modenesi appartenenti a un collettivo di estrema sinistra modenese e a un collettivo di Bologna - uno residente a Bastiglia e uno a Ravarino - più attivisti di Bologna e Torino. Non è ancora dato a sapere quale ruolo avrebbero avuto nella fase degli scontri e chi sarebbe coinvolto nel pestaggio dei carabiniere.

E se dagli ambienti investigativi piacentini - pur nel massimo riserbo su come procedono le indagini - trapela come polizia e carabinieri abbiano già individuato i volti di questi 5 e forse di altri - si parla di 11 - grazie alle immagini degli scontri, da Bologna, il ministro dell'Interno Marco Minniti, dopo aver incontrato il brigadiere, assicura che non vi sarà «tregua fino a quando non avremo individuato i responsabili. Solitamente per quello che hanno fatto», per questo tipo di aggressioni, scandisce «si va in galera». Le parole del responsabile del Viminale, affiancato dal capo della polizia Franco Gabrielli e dal comandante generale dell'Arma dei carabinieri Giovanni Nistri, scorrono veloci nella caserma del Quinto Reggimento Carabinieri Emilia-Romagna - da cui provengono tutti i militari coinvolti nella vicenda piacentina - a rimarcare la «vicinanza molto forte delle istituzioni del nostro Paese, dello Stato all'Arma dei carabinieri. Sono grato che qui con me siano presenti sia il capo della polizia, sia il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri per dare anche un senso di fortissima unità di coloro che operano sul territorio».

E che sul campo lavorano quotidianamente in modo, per dirla con Minniti, da offrire «le condizioni perché sia garantita la possibilità per ciascuno di poter manifestare liberamente sapendo che c'è un limite invalicabile ed insuperabile: quel limite è la violenza». Violenza, «da branco selvaggio» che non ha nulla a che vedere «con i valori della democrazia», argomenta il ministro dell'Interno che, sabato, è costata al più grave dei cinque Carabinieri feriti «una frattura che sarà ridotta domani. Ci sarà l'operazione - osserva il generale Nistri - si potrà fare una diagnosi e una prognosi certa» sui tempi del recupero definitivo. «Vederlo in piedi - conclude Minniti - per me ha significato poter tirare un sospiro di sollievo. E questo sospiro di sollievo lo possono tirare tutti gli italiani che guardano carabinieri e polizia con rispetto, ammirazione e stima». Nel frattempo, tra le polemiche locali piacentine, ha preso posizione il collettivo «Controtendenza». «I pochi tafferugli che ne sono scaturiti - si legge in una nota - e che la stampa scandalistica vorrebbe dipingere come scontri, sono stati l'inevitabile conseguenza di un atteggiamento di diniego. Di fronte ai divieti e alle prescrizioni, ci siamo prese tutte e tutti il centro della città». Quest'ultimo riferimento riguarda il divieto sul percorso del corteo che la polizia aveva posto ai manifestanti che volevano proseguire verso la piazza centrale di Piacenza.