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Non ci fu discriminazione al Kyi. Abi Zar e la porta separata: «Sono felice di aver reagito»

Non ci fu discriminazione al Kyi. Abi Zar e la porta separata: «Sono felice di aver reagito»

Il 27enne commenta l’archiviazione del caso sulla presunta discriminazione al Kyi: «In Italia non sono altro che un colore»

12 maggio 2018
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MODENA. «Oggi sospiro tristezza e delusione, consapevole di aver sepolto nel mio cuore, un amore grande per un Paese che non ha mai avuto occhi per me». Abi Zar, il 27enne d’origini ghanesi, dopo aver saputo dell’archiviazione del “suo” caso” alla discoteca Kyi, si abbandona ad un lungo e amaro sfogo sulla sua pagina Facebook. Il giovane ora lavora a Londra: dopo la laurea, ha lasciato Cavezzo e si sta costruendo un percorso professionale in Gran Bretagna. Secondo la Procura, non era motivata da intenti razzisti la creazione di differenti porte per l’accesso alla discoteca Kyi di Baggiovara. Soprattutto la porta con ingresso a 25 euro, il doppio degli altri ingressi “normali”, era riservata a tre categorie di persone che non hanno a che fare con discriminazioni sulle origini etniche. E così la vicenda è stata archiviata.

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«Avevamo fatto denuncia in due, più di 10 testimoni, un audio che inchiodava i responsabili, una procedura d'ufficio che sottolineava l'importanza e la gravità dell'accaduto, un'indagine preliminare che aveva prodotto i nomi di 3 indagati e finalmente il rinvio a giudizio - scrive il giovane - La decisione di fare un passo indietro ed archiviare il caso è francamente incomprensibile e mi lascia una delusione che fatico a descrivere».

Abi Zar prosegue accusando l’Italia, un Paese che ha a suo avviso deluso tutte le sue aspettative di giustizia e antirazziste.

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«Com'è possibile? Finisce davvero così? - prosegue Abi Zar - il fatto è così insignificante e talmente irrilevante che non merita un processo? È un po’ come se avessero detto “sì, possono discriminarti, e chiunque può trattarti come un animale e umiliarti perché siamo in Italia e questo Paese non ha tempo per difendere i tuoi diritti, non gli importa...ha altro a cui pensare”. Ho creduto davvero che l'Italia avesse voglia di reagire, puntare i piedi e dare un segnale forte smentendo di essere un Paese razzista. Ho creduto davvero che l'Italia volesse proteggere i suoi figli, indifferentemente da quanta melanina producessero di natura».

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«Ho scioccamente creduto in una Italia civile - prosegue il 27enne - dove la discriminazione non è ammessa per motivi di religione, orientamento sessuale, etnia, credo politico e appartenenza ad un particolare gruppo sociale.Ho creduto che questo potesse essere l'inizio per avere fede in un sistema, in una società e nelle persone. Ho creduto, semplicemente, nelle leggi che per anni ho scelto di studiare».

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«Sono, tuttavia, felice di aver reagito - conclude Abi Zar - di aver gridato con forza le mie ragione e la mia sofferenza, di aver fatto il possibile e sopportato l'impossibile. Sono felice di aver messo la verità davanti a tutti facendo ascoltare un audio che ha spazzato via ogni dubbio rimasto. Oggi rinnovo la mia scelta di essere andato via e di non voler tornare più perché non ho intenzione di vivere in un Paese dove non sono altro che un colore».