Gazzetta di Modena

«Dialogo interreligioso: oggi serve praticarlo»

di Serena Fregni
«Dialogo interreligioso: oggi serve praticarlo»

Al S. Carlo lezione sulla “Riforma contemporanea” di Pawel Gajewski pastore della Chiesa Evangelica

10 aprile 2018
2 MINUTI DI LETTURA





MODENA. Il professore di teologia delle religioni presso la facoltà Valdese di Teologia di Roma e pastore della Chiesa Evangelica Valdese di Perugia, Pawel Gajewski sarà alla Fondazione San Carlo oggi alle 17.30 per riflettere su cosa può significare il termine “riforma” nel contesto storico attuale con il suo intervento “La Riforma contemporanea, tra ecumenismo e dialogo interreligioso”.

Che cosa intende per dialogo interreligioso?

«Un dialogo tra le comunità di fede, può trattarsi di dialoghi bilaterali, ad esempio il dialogo ebraico-cristiano, il dialogo tra musulmani e cristiani oppure il dialogo multilaterale come quello tra ebrei, cristiani e musulmani. Vuol dire che non c’è un’altra autorità, ad esempio lo stato o altre autorità civili che svolgono il ruolo di mediatori ma è un dialogo diretto tra diverse comunità di fede o di fedi viventi».

Lei individua tre modelli di dialogo, quello missionario, etico e spirituale, quali sono le loro specificità?

«Il modello missionario è quello che una volta andava per la maggiore, finalizzato alla diffusione del messaggio cristiano, naturalmente questo non è sbagliato ma è importante avvertire l’interlocutore che l’obiettivo del dialogo in proposito è quello di convincerlo delle proprie ragioni, della propria fede. L’altra forma di dialogo, quello etico è alla pari, quindi non ci sono intenzioni missionarie ma semplicemente si vuole riconoscere l’altro ed entrare in relazione con esso, spesso modificando i propri punti di vista attraverso quella relazione dialogica. La terza infine è sicuramente la forma forse meno diffusa ma carica di grandi potenzialità perché quando si va nel profondo dell’esperienza di fede, delle varie esperienze spirituali si apre un universo fatto di convergenze e non di divergenze e quindi il mistico per certi versi ha una corsia preferenziale. Purtroppo questo modello di dialogo non è così diffuso e non è alla portata di tutti, nella società di oggi abbiamo un po’ paura di tutto ciò che ha a che fare con la spiritualità, invece penso che al contrario la nostra vita potrebbe diventare molto più ricca, molto più articolata se fossimo in grado anche di cogliere le sfide e le opportunità della spiritualità».

Come si può parlare di dialogo interreligioso nella società contemporanea?

«Più che parlare credo che oggi si debba praticare, anche nei luoghi dove viviamo, nei nostri quartieri, nelle parrocchie. La mia teoria è quella di non parlare tanto a livello di proclami e dichiarazioni o modelli ma praticare il dialogo, una forma molto bella di collaborazione è la preghiera del silenzio in cui ci si può riunire, diversi rappresentanti di tante fedi viventi e magari rimanere per un tempo congruo semplicemente in silenzio, creando una catena d’unione che possa abbracciare tutte e tutti».