Gazzetta di Reggio

Reggio

«Valerio mente sul maresciallo Tancredi»

di Enrico Lorenzo Tidona
«Valerio mente sul maresciallo Tancredi»

La famiglia contro l’imputato del processo: «Le date lo smentiscono, infanga la memoria di un servitore dello Stato»

03 ottobre 2017
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REGGIO EMILIA. «Siamo davanti all’offesa alla memoria di un servitore dello Stato che ha ricevuto la croce d’oro per anzianità di servizio militare e medaglia di bronzo di lungo comando, oltre a vari premi ed encomi per alto rendimento». Sante Tancredi è deceduto nel maggio del 2015 all’età di 83 anni ed è stato maresciallo dei carabinieri della stazione di Montecchio dal 1971 al 1979, quando andò in pensione «con maggiorazione del 10 per cento per essere stato esposto a prolungati e gravi disagi di ordine fisico e ambientale durante il servizio». Un militare «che essendo deceduto non può difendersi in prima persona» e che viene quindi difeso ora a spada tratta dalla sua famiglia perché tirato in ballo durante la prima deposizione del collaboratore di giustizia Antonio Valerio, pentitosi nel processo Aemilia, che ha pescato dalla memoria il nome di Tancredi, sconosciuto all’inchiesta contro la ’ndrangheta al nord. Un nome «infangato», secondo il figlio Claudio Tancredi, ex vicesindaco di Reggio Emilia nell’era della sindaca Antonella Spaggiari, il quale ieri ha rilasciato alcune dichiarazioni assieme alla moglie del maresciallo, all’altra figlia e a una nipote.

Valerio nomina Tancredi in due occasioni durante la deposizione: nella prima dicendo che negli anni Ottanta il maresciallo avrebbe indicato a Vertinelli - costruttore cutrese imputato di Aemilia - dove andare a rubare i materiali da impiegare nella costruzione della sua casa a Montecchio. Sempre a Montecchio, Valerio dice poi di aver visto Tancredi nella pizzeria dove nel 1989 aveva tentato di uccidere insieme al killer Paolo Bellini tale Nino D’Angelo, pregiudicato della Val d’Enza.

«Lui parte come ricordo dall’episodio del 1989, dove dice che alla pizzeria Redas, quando è andato a sparare a D’Angelo, c’era anche Tancredi - ricostruisce Vainer Burani, avvocato della famiglia Tancredi - Era una delle due pizzerie di Montecchio all’epoca. Che lui abbia ricordato il nome del maresciallo Tancredi è probabilmente dovuto al fatto che Tancredi era lì come decine di altri clienti nella pizzeria - spiega Burani - Ne ricorda quindi il nome perché mentre sparava Tancredi era lì. Lo chiamavano tutti maresciallo anche dopo la pensione. Valerio dice testualmente che era in servizio invece non era in servizio da 10 anni. La sua ricostruzione non coincide».

Per Burani e i familiari «le cose dette da Valerio sono smentite da circostanze storiche fattuali, cioè da date contenute in documenti». «Sa solo lui perché ha tirato fuori quell’altra vicenda - dice l’avvocato - La questione della casa dice che gliela ha riferita Vertinelli, che effettivamente aveva fatto dei lavori. Il dato storico è che c’è un rogito: Tancredi il terreno lo compra nel 1981. La casa viene ultimata nel 1983. In quegli anni, il maresciallo Tancredi ha segnato tutti gli acquisti e gli importi per la casa dal 1981 al 1983 - dicono i familiari mostrando il dettagliato registro scritto a mano e conservato - Vertinelli ha fatto solo l’intonaco. Lavorava per tutti a Montecchio. Valerio dice di essere arrivato nel 1983, quando la casa era già finita e lui stesso era un ragazzino di appena 15 anni».