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Reggio Emilia, addio a don Claudio Iori: il prete in bicicletta

di Luciano Salsi
Reggio Emilia, addio a don Claudio Iori: il prete in bicicletta

Si è spento a 91 anni nella Casa del clero di Montecchio, dove era ricoverato dal 2012. Era stato amministratore diocesano

18 maggio 2018
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REGGIO EMILIA. Tra viale Umberto I e le vie del centro lo si vedeva spesso passare in bicicletta, alto e ben ritto sulla sella, sempre vestito con l’abito talare. Molti lo salutavano e lui rispondeva sorridente. Don Claudio Iori era conosciutissimo in città, dalla quale si era allontanato solo sei anni or sono per ritirarsi nella Casa del clero di Montecchio, il ricovero dei preti dove si è spento nella tarda serata di mercoledì all’età di 91 anni.

Alla vocazione sacerdotale aveva aggiunto la competenza precedentemente acquisita con il diploma di ragioniere. Era divenuto perciò una colonna dell’amministrazione diocesana e gli era stato risparmiata la guida di una parrocchia, ma era molto apprezzato anche come confessore.

Era nato il 20 febbraio 1927 a Canali e nell’immediato dopoguerra aveva dovuto fare i conti con l’anticlericalismo particolarmente diffuso nella nostra terra. Ciononostante dopo essersi diplomato decise di entrare in seminario e ricevette l’ordinazione sacerdotale il 4 luglio 1954. Fino al 1961 coadiuvò i parroci in qualità di curato, prima a Montecchio, poi in città a San Pietro e ad Ospizio. Intanto muoveva i primi passi della sua solida carriera amministrativa.

Dal 1955 al 1960 fu addetto all’Ufficio amministrativo diocesano, del quale ricoprì le cariche di vicedirettore e tesoriere dal 1960 a 1969, per poi salirne al vertice come direttore fino al 1985. Infine, dal 1985 al 2002, fu il presidente dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero.

Fra il 1965 e il 1969 era stato anche consigliere dell’Ente comunale di assistenza. Il ministero più propriamente pastorale don Claudio l’aveva esercitato come confessore nella parrocchia di San Pietro per mezzo secolo, dal 1962 al 2012, ma anche come assistente spirituale nei diversi luoghi della città in cui sapeva portare il sostegno e il conforto del Vangelo. Si recava a visitare gli ammalati nell’arcispedale Santa Maria Nuova e nelle cliniche.

Dal 1961 al 2012 è stato cappellano dell’Istituto Buon Pastore gestito dalle suore per l'accoglienza di bambine e donne in difficoltà. La stessa funzione l’ha esercitata nei confronti dei militari dell’Esercito, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Chi lo ha conosciuto ne sottolinea le doti di esemplare rigore unito alla discrezione, all’affabilità e all’umanità. I parroci sapevano di trovare in lui il dirigente comprensivo, che da sacerdote sa mettersi nei panni dei confratelli in difficoltà.

Agli ammalati si rivolgeva con amorevole sollecitudine. Ricopriva una delle più alte posizioni nella gerarchia diocesana, ma ispirava simpatia con la sua modestia.

Don Tonino Bello lo ha definito il “prete del grembiule”, poiché si prestava anche alle faccende più umili, come ad esempio servire a tavola ospiti decisamente più giovani.

Così don Claudio si era guadagnato molti amici, che gli sono stati vicini negli ultimi anni segnati dalla malattia. Ieri la salma è rimasta esposta dalle 15.30 nella sala del commiato delle Onoranze Funebri Reverberi, in via Terezin, dove alle 20.30 è stato recitato il Rosario.

Il funerale sarà celebrato oggi alle 15 in Cattedrale. La messa sarà presieduta dal vescovo Massimo Camisasca. La tumulazione avverrà successivamente nel cimitero di Canali.