Gazzetta di Reggio

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Oh capitan c’è un uomo in mezzo al mar... Salvini, vienilo a salvare

Stefano Scansani
Oh capitan c’è un uomo in mezzo al mar... Salvini, vienilo a salvare

Dalla canzone foxtrot del 1936 agli slogan del vice premier leghista e ministro degli Interni. Una serie di riverberi che nel Ventennio erano nell’oratoria mussoliniana da muro e da balcone

30 agosto 2018
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REGGIO EMILIA. Al ministro degli Interni Salvini, detto il capitano, arrivo dopo. Prima bisogna comprendere questo ritornello che faceva canticchiare l’Italia fascista del 1936. Musica di Dino Olivieri, testo di Nino Rastelli, primi interpreti Mori e Molina e poi l’ineffabile Trio Lescano. È puro foxtrot, un genere di danza proveniente dall’America e che significa “ballo della volpe”, ultima indulgenza swing prima dei rigori dell’autarchia che mise le briglie anche alla musica. Il fascismo lo tradusse in “ballo volpino”.

La canzonetta conferma: in quel tempo di pre-guerra, due anni prima delle leggi razziali, il capitan aveva l’obbligo di salvare l’uomo in mezzo al mare. Sempre e comunque. Ottantadue anni dopo questa canzone – fluttuante nell’Italia in camicia nera – fa difetto, cioè diverge dai tempi correnti. Il salvataggio in mare allora imposto anche dalla filastrocca, oggi è un tira e molla nazionale, un innesco per crisi internazionali, un arnese per la politica interna, un fenomeno epocale incompreso, un qui pro quo irrisolto che ci disarticolerà.

Sono partito alla larga, da una canzonetta fascista atipica buonista, per intercettare i frammenti fascisti tipici nella galleria dei proclami di Salvini, via twitter.

Frammenti più o meno subliminali, cioè che volontariamente o involontariamente (mah...) lardellano il frasario del segretario leghista, e sarebbero sotto la soglia di percezione di chi li legge. Cioè infilati lì, ogni tanto, per caso, oppure giustapposti.

Frasi, battute, incitamenti, sentenze fanno eco a quelli dei discorsi dai balconi fatali o scritti sui muri delle case con la solita firma corsiva montante: Mussolini.

Il legittimo sospetto è questo: o il giovanissimo staff di smanettoni creativi che permea la comunicazione di Salvini consulta un volume di “Frasi celebri” oppure è soggetto a un subconscio che era del mio bisnonno. Aggiungo: altrimenti l’infilamento di certe locuzioni fasciste o parafasciste è buono per eccitare le propaggini destrissime, adunarle.

Nel pieno della vicenda della nave Diciotti ormeggiata nel porto di Catania, Salvini ha digitato: “Perché questa volta dovremmo fidarci? Prima di chiedere lo sbarco della #Diciotti, l’Europa dovrebbe darci delle spiegazioni. Io non mollo”. L’assonanza con lo scheletroso “Boia chi molla” è lì per lì, si percepisce immediatamente.

Anche nella sua filantropia ministeriale Salvini immette risonanze: “Ieri è stato notificato il dissequestro della casetta di #nonnaPeppina, e lei non vede l’ora di tornarci. Fra tante brutte notizie, finalmente ne arriva una buona! #Forzanonna, chi la dura la vince”.

Si tratta di una variabile dipendente dalla frase dipinta sui muri “Chi osa vince”. Paranoie del giornalista? Fisime dello scrivente? Non direi. Basta recuperare il tweet dell’1 agosto dove Salvini propone un autoscatto su una pista aeroportuale e scrive: “Buona serata Amici, chi si ferma è perduto!”.

L’ammonimento è preso di peso dal discorso pronunciato da Mussolini a Genova nel 1938 e sempre tatuato sui muri delle case italiane (grazie al cielo è anche il titolo di un film del 1960 con Totò e Peppino De Filippo).
Poco prima, il 29 luglio, commentando uno spregevole fotomontaggio che lo raffigura con un bersaglio in pieno volto, Salvini ha anteposto la frase “Tanti nemici, tanto onore!” al faccino dei bacetti.

La frase è attribuita oltre che a Mussolini e a Gaio Giulio Cesare anche al condottiero tedesco Georg von Frundsberg, capo dei lanzichenecchi che misero a sacco Roma nel 1527. L’originale ducesco “Molti nemici, molto onore” è comunque datato al discorso romano del 1931 e frequentemente ripetuto sull’intonaco delle abitazioni dei paesi e delle città in un programma di costante propaganda da parata e da parete.

È interessante il tweet dove il vicepremier fa un encomio alle forze armate: “Onore ai nostri uomini e alle nostre donne che DIFENDONO il nostro Paese e i nostri confini di mare, di terra e di cielo. #primagliItaliani”. Pare una rilettura shakerata dell’esortazione di Mussolini del 10 giugno 1940, cioè l’annuncio dell’entrata in guerra: “Combattenti di terra, di mare, dell’aria”.

È un caso, una combinazione, una congiuntura? In un altro “messaggio alla nazione” il ministro degli Interni scrive: “...Cercano di fermarci, ma violenti e delinquenti non ci fanno paura. Andiamo avanti, più forti di prima. #iononmollo”.

Qui è avvertibile la risalita di un retrogusto “comico autorizzato” dalla censura del regime, quello che ci riporta al surrealismo critico di Ettore Petrolini nella sua pantomima di Nerone (film diretto da Blasetti nel 1930): “Domani Roma rinascerà più bella e più superba che pria...”. Con la esilarante follia finale adulatoria del “Bravo! Grazie! Bravo! Grazie!”.

Infine, al di là del fraseggio del vicepremier, va considerata la porzione finale dei tweet che frequentemente prevede un’esclamazione o un interrogativo. È come se Salvini si rivolgesse in modo oratorio o tribunizio a una folla attiva, a un pubblico reale e non digitale: “Lo mandiamo un bacione ai buonisti e radical chic transalpini?”. E poi: “A Catania sono arrivati anche i “numerosissimi” contestatori che vogliono ancora immigrati... Glielo mandiamo un bacione?”.

E ancora, la ricerca di argomenti altri, inaspettati, divaganti: “Reintrodurre il servizio militare e civile per ricordare ai nostri ragazzi che, oltre ai diritti, esistono anche i doveri. Siete d’accordo?”. Addirittura Salvini istiga le speranze dei pensionati italiani con una favoleggiata istituzione di un ghetto per gente a riposo, un irrealizzabile (e pauroso) ospizio paradiso esentasse: “Ci sono migliaia di pensionati che vanno in Spagna e Portogallo per non pagare la tassa sulle pensioni. Io penso che alcune zone del nostro Paese siano molto più belle, accoglienti e ospitali. Proporrò una zona di esenzione fiscale anche in Italia”.

La ricerca del consenso attraverso il punto interrogativo è tipica della predicazione dei conducator, anche quando Salvini si sente punto da una grave parolaccia, entrata nell’abuso comune dei social: “La merda ha più valore di Salvini. Se lo dice la presidente dell’Arci di Lecce lo prendo quasi come un complimento! Un bacione per lei. Che dite, querelo?”.

La risposta rivolta alla platea social è astratta ma immaginabile, cercata, come il “Bravo! Grazie! Bravo! Grazie! di petroliniano e surreale bianco e nero. Il lessico ministeriale è trasmutato in bacioni, rosiconi e compagnia. Siamo in duetto con l’Ungheria di Orbán, Ungheria che è un Paese dove il mare è il lago Balaton ed ha tutt’altra storia e propensione. Siamo al largo dell’Europa a causa degli equivoci comunitari e dei malintesi italiani, che alla maniera svelta si chiamano qui pro quo.

Ottantadue anni fa la canzone Oh capitan, c’è un uomo in mezzo al mar chiudeva sbarazzina con un glu glu glu. Con naufragio:
In mezzo al mar
ci stava un bastimento
a navigar con
uomini trecento
ma poi non so
per quale qui pro quo
il bastimento a picco andò.

s.scansani@gazzettadireggio.it