Gazzetta di Reggio

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Minacce al presidente del tribunale reggiano, Ruffini: "Un'iniziativa di don Artoni"

Tiziano Soresina
Minacce al presidente del tribunale reggiano, Ruffini: "Un'iniziativa di don Artoni"

Davanti al gip Luca Ramponi il 74enne Aldo Ruffini si è chiamato fuori dalle pesanti accuse, specie di essere il mandante delle minacce ricevute direttamente in ufficio dal giudice Cristina Beretti per opera di don Ercole Artoni, prendendo decisamente le distanze da quanto accaduto in tribunale: "È stata un’iniziativa del sacerdote"

27 settembre 2018
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REGGIO EMILIA. Per oltre un’ora – in carcere, davanti al gip Luca Ramponi – il 74enne Aldo Ruffini si è chiamato fuori dalle pesanti accuse, specie di essere il mandante delle minacce ricevute direttamente in ufficio dal giudice Cristina Beretti per opera di don Ercole Artoni, prendendo decisamente le distanze da quanto accaduto in tribunale: «È stata un’iniziativa del sacerdote, con cui mi ero solamente lamentato del fatto che ingiustamente era stato bloccato dagli inquirenti il patrimonio della famiglia di mia moglie».

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Difeso dall’avvocato Nino Ruffini, l’anziano commerciante ha affrontato ieri mattina l’interrogatorio di garanzia in un mix di determinazione e lucidità: «Ha ribadito che non ha mai voluto minacciare i magistrati – spiega il legale – del resto proprio dal giudice Beretti era stato assolto nel 2015 in un processo per reati fiscali, quindi non può avere risentimento nei suoi confronti».

Per il gip Antonella Marrone di Ancona che ha emesso le misure restrittive, vi sarebbe un legame economico fra Ruffini (ritenuto illegalmente facoltoso dagli investigatori, a tal punto da sequestrargli 24 milioni di euro di beni) e don Artoni, il tutto “condito” da cene, incontri, telefonate: «Ruffini ha spiegato che conosce il prete – prosegue il difensore – in quanto è amico di sua moglie e di uno zio di lei. E nelle cene al ristorante c’erano anche loro. E con don Ercole si è lamentato che la Procura avesse sequestrato beni alla famiglia della moglie che è gente a posto e aveva acquisito quei beni tanti anni prima. Anche la telefonata che fece il 19 maggio alla Beretti fu solo un’iniziativa del sacerdote. Soldi a don Artoni per le sue iniziative di solidarietà? Ma se Ruffini è nullatenente!».

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Il 74enne nega di aver chiesto informazioni del magistrato nel bar che frequenta («Quel giorno sul giornale c’era la notizia che la Beretti era divenuta presidente del tribunale e il barista aveva affermato di conoscerla perché abita lì vicino»), come nega di aver contattato l’ex fidanzato della dottoressa per capire come corromperla.

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L’unica ammissione – e se n’è scusato con il gip Ramponi – sono le conversazioni intercettate in cui si scaglia contro i magistrati parlando di uccisioni, l’uso di tritolo e di essere disposto a spendere mezzo milione per assoldare un killer: «Ha spiegato che erano solo frasi rabbiose, conseguenza della frustrazione nel vedere sequestrato il patrimonio dei familiari della moglie – specifica sempre il difensore – del resto Ruffini non ha mai incontrato nè il presidente Cristina Beretti nè i pm Valentina Salvi e Giulia Stignani».

Quest’ultima allusione è ai tre magistrati che, in diversi ruoli, si sono occupati della maxi evasione fiscale attribuita a Ruffini. Al termine dell’interrogatorio la difesa ha chiesto la scarcerazione o in subordine gli arresti domiciliari per il 74enne («È ultrasettantenne e non esistono gravi motivi per mantenerlo in cella, comunque se non viene liberato, gli arresti domiciliari sono sufficienti ad interrompere il disegno criminoso ipotizzato»).

Questa mattina – ma in tribunale – verrà effettuato l’interrogatorio di garanzia che coinvolge don Ercole Artoni, 88 anni, da lunedì agli arresti domiciliari con la stessa accusa di Ruffini: minaccia aggravata a Corpo giudiziario.