Nelle scorse settimane un volantino anonimo, firmato “Lavoratori del porto di Genova” chiedeva l'intervento di Assiterminal e Confindustria ipotizzando due situazioni: la prima che la compagnia di navigazione Messina potesse finanziare Casa Pound; la seconda che un alto dirigente della stessa società fosse un esponente di primo piano di Casa Pound.
Alla prima indiscrezione rispondono così i fratelli Messina: “Non abbiano nessuna tessera di partito e non abbiamo mai finanziato Casa Pound”.
Più interessante, e per certi versi sorprendente, invece, il secondo punto.
Gabriele Parodi, cinquantenne, manager di primo piano di Messina da un paio di anni dopo esserlo stato presso altre società e altri terminalisti, è un dirigente di casa Pound Genova. Lui stesso il 21 ottobre sul Secolo XIX si definisce “portavoce di Casa Pound” quando annuncia che il suo partito si schiera a fianco dei cittadini di Multedo che boicottano l'accoglienza ai migranti nell'ex asilo Govone.
Ma Parodi è un personaggio particolare che si discosta dalla maggior parte dei simpatizzanti neofascisti che dopo la vittoria in Comune del centro destra sono apparsi, o riapparsi con maggior evidenza, sulla scena genovese.
Passa infatti dal gessato alla maglietta d'ordinanza della tartaruga nera, disquisisce nelle interviste di traffici portuali, mentre nella sua pagina Facebook oltre a foto con Iannone, leader di Casa Pound, e a proclami a favore dell'italianità e contro lo “ius soli” e l'accoglienza ai migranti, o contro gli operai Fiom, ci sono anche numerosi con post inneggianti a Mussolini. Nulla di strano per un militante di Casa Pound.
Ma il risvolto curioso è che nella sua vita da manager Parodi è stato per otto anni, fino al 2015, un alto dirigente di Zim , la società di shipping dello stato israeliano. Ci sono cioè buone probabilità che lo stipendio glielo pagasse un nipote di qualche ebreo finito nelle camere a gas grazie al contributo di quel Mussolini che Parodi nei suoi post ricorda con evidente nostalgia, ad esempio quando scrive, commentando una foto del duce a Genova “Quando si costruivano opere, non centri di accoglienza”.
Alla prima indiscrezione rispondono così i fratelli Messina: “Non abbiano nessuna tessera di partito e non abbiamo mai finanziato Casa Pound”.
Più interessante, e per certi versi sorprendente, invece, il secondo punto.
Gabriele Parodi, cinquantenne, manager di primo piano di Messina da un paio di anni dopo esserlo stato presso altre società e altri terminalisti, è un dirigente di casa Pound Genova. Lui stesso il 21 ottobre sul Secolo XIX si definisce “portavoce di Casa Pound” quando annuncia che il suo partito si schiera a fianco dei cittadini di Multedo che boicottano l'accoglienza ai migranti nell'ex asilo Govone.
Ma Parodi è un personaggio particolare che si discosta dalla maggior parte dei simpatizzanti neofascisti che dopo la vittoria in Comune del centro destra sono apparsi, o riapparsi con maggior evidenza, sulla scena genovese.
Passa infatti dal gessato alla maglietta d'ordinanza della tartaruga nera, disquisisce nelle interviste di traffici portuali, mentre nella sua pagina Facebook oltre a foto con Iannone, leader di Casa Pound, e a proclami a favore dell'italianità e contro lo “ius soli” e l'accoglienza ai migranti, o contro gli operai Fiom, ci sono anche numerosi con post inneggianti a Mussolini. Nulla di strano per un militante di Casa Pound.
Ma il risvolto curioso è che nella sua vita da manager Parodi è stato per otto anni, fino al 2015, un alto dirigente di Zim , la società di shipping dello stato israeliano. Ci sono cioè buone probabilità che lo stipendio glielo pagasse un nipote di qualche ebreo finito nelle camere a gas grazie al contributo di quel Mussolini che Parodi nei suoi post ricorda con evidente nostalgia, ad esempio quando scrive, commentando una foto del duce a Genova “Quando si costruivano opere, non centri di accoglienza”.