Genova

Se la mafia sparisce dal dibattito della politica

Troppo imbarazzi per Pd, centrodestra e Cinque Stelle. In campagna elettorale il tema è scomparso. E la senatrice pd minacciata dalle 'ndrine non è stata ricandidata

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C’era una volta, in Liguria la ‘ ndrangheta. Tranquilli, non è che sia scomparsa, è solo che oggi non ne parla più nessuno.
O meglio è totalmente assente da quella che si definisce l’agenda politica, in questo caso quella elettorale. E nonostante in campagna i candidati promettano anche l’impossibile, tipo debellare le mafie, questa volta di crimine organizzato e contiguità con la politica non ne parla proprio nessuno, destra, sinistra, pentastellati.
E chi, cinque anni fa, ci aveva puntato molto, tipo il Pd, oggi si libera da zavorre ingombranti. Come la senatrice del ponente imperiese Donatella Albano. Cinque anni fa veniva sventolata come manco accade alle bandiere della nazionale, se la portavano a tutti i convegni, le feste, i dibattiti. Era l’assessora di un piccolo comune, Bordighera, che si era opposta ad una famiglia di criminali calabresi poi coinvolti in inchieste e processi. Il simbolo perfetto: candidata, eletta, membro della commissione antimafia.
E oggi: non solo non l’hanno ricandidata ma proprio l’ignorano.
“ Che vuole che le dica – dice amareggiata Albano – forse sono cambiate le esigenze, le priorità. Non solo non si parla più di mafie anche nel mio partito ma neppure più di corruzione o legalità. Vien poi da ridere se penso alle liste pulite dei candidati. Dovremmo valutarle noi della Commissione antimafia, ma avendo sbaraccato in vista delle elezioni…. L’unica cosa certa per la Liguria è che le mafie non sono scomparse. È una regione troppo appetibile. Da parte mia comunque, come ho fatto in Parlamento continuerò a occuparmi di questi temi anche in futuro”.
Questo totale disinteresse della politica al tema criminalità organizzata è reso ancor più clamorosamente colpevole dalla recente condanna a Reggio Calabria a otto anni e otto mesi per associazione a delinquere di stampo mafioso e intestazione fittizia di beni di Fabrizio Accame, già consigliere comunale di Albenga con il centro sinistra e il sindaco Antonello Tabbò poi candidato, nel 2014, nell’ultima tornata che ha eletto sindaco Giorgio Cangiano, anche lui Pd. Accame era stato un instancabile attivista della campagna e in alcune foto è immortalato oltreché con Cangiano anche con la ministra Maria Elena Boschi. Secondo l’accusa Accame avrebbe partecipato attivamente alla cosca ‘ ndranghetista dei Gullace- Raso- Albanese. Carmelo Gullace, arrestato dalla Dia era considerato dagli investigatori il capo della ‘ ndrangheta in Liguria.
I suoi legami con le cosche e le sue imbarazzanti relazioni con la politica erano state più volte denunciate pubblicamente da Christian Abbondanza attivista della Casa della Legalità, ma, come in molte altre occasioni la politica non ha voluto ascoltare la sua voce. Quella che invece i capi clan avrebbero voluto spegnere per sempre come testimoniano le minacce intercettate in varie inchieste.
D’altra parte la sordità trasversale della politica rispetto alle relazioni pericolose ha una facile spiegazione. Nessuno può scagliare la prima pietra.
Gli armadi sono pieni di scheletri che tutti vogliono seppellire. Le inchieste di “Maglio” a Genova e “la Svolta” a Imperia, pur non portando a condanne dei politici imputati e nonostante la giustizia amministrativa abbia bocciato i due scioglimenti per mafia dei comuni di Ventimiglia e Bordighera, hanno portato a galla le frequentazioni di molti esponenti dei vari partiti con elementi di spicco delle cosche. E nel ponente l’appoggio della comunità calabrese è fondamentale per chi abbia ambizioni regionali o nazionali. E al centro destra appartengono l’ex sindaco e altri esponenti finiti in manette nella clamorosa retata che ha smantellato il Comune di Lavagna.
A sinistra non hanno da stare allegri visto che molti candidati hanno frequentato per necessità elettorali gli stessi soggetti poi coinvolti. È accaduto nelle ultime due tornate per le regionali e ogni volta le prese di distanza sono arrivate dopo le retate e le inchieste delle procure.
Eppure sarebbe stato sufficiente leggere il blog della Casa della Legalità per evitare pessime figure. Anche se in maniera marginale rispetto ai partiti tradizionali una disavventura analoga l’ha vissuta anche il M5s ligure che, però, anche se solo dopo una sentenza, ha allontanato un attivista con legami imbarazzanti. Segno di un pericolo sempre presente. Ma sul quale è calato il silenzio.
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