Genova

Genova, gli annunci e la realtà

LIGURIA ITALIA

3 minuti di lettura
Qualche giorno fa si è presentato in piazza Don Gallo Genova, appunti sulla città ( Canneto editore), il libro che, arricchito dalle suggestive fotografie di Fabio Bussalino e Andrea Leoni, Donatella Alfonso e Luca Borzani hanno confezionato a partire dai loro articoli su queste colonne dedicati alla geografia urbana e sociale di Genova. Pur riconoscendo che mi possono far velo il patriottismo di giornale e l’amicizia degli autori, credo di poter affermare che si tratta dell’analisi più acuta e accurata della nostra città oggi disponibile, un quadro ampio, se non completo, di Genova all’inizio del XXI secolo: la situazione sociale ed economica dei diversi quartieri, i problemi più gravi della popolazione ( giovani, vecchi, poveri, ecc.) sono presentati con ricchezza e oggettività di dati e commentati con una passione politica che non acceca mai la competenza professionale. Nel corso della presentazione alcuni interventi hanno insistito sull’indifferenza o l’ignoranza della politica di fronte allo stato concreto e spesso drammatico della vita quotidiana di Genova, che il libro documenta con precisione. In particolare Ivano Bosco della Camera del lavoro, affrontando il problema dell’occupazione sempre troppo scarsa e precaria, ha sostenuto che nell’incapacità di darvi riposte o nel darvi risposte sbagliate (secondo lui il jobs act) sta la causa principale della sconfitta della sinistra. Mentre Bosco parlava io mi chiedevo: ma la destra che ha vinto ha dato o proposto soluzioni migliori a questo problema, in sede locale o nazionale? No. Diciamo anzi: non ha neppure affrontato l’argomento. Stessa cosa potremmo dire per scuola, giovani, anziani ecc. Se la sinistra ha perso per non aver dato la risposta giusta a quasi tutti i problemi della città, la destra ha vinto non dandone nessuna. Meno una, quella sui migranti. Su questo problema la destra non solo ha risposto, ma ha dato le risposte che la gente si aspettava e desiderava. Ma ha dato la risposta più gradita perché ha accortamente pilotato la domanda: invece di quella: “come risolvere i vari problemi?”, ha messo in bocca alla gente questa: “di chi è la colpa se io ho dei problemi?”. E la destra ha subito fornito i colpevoli giusti: gli altri, segnatamente i migranti e l’Europa, da cui razzismo e sovranismo. Le ultime elezioni locali e nazionali sono state vinte non perché la sinistra non ha dato risposte alla gente, ma perché la destra ha suggerito un’altra domanda per cui aveva una risposta tanto sbagliata o iniqua quanto efficace. Ecco perché i dati sul calo delle immigrazioni proposti in questi giorni su tutti i giornali non sono neppure percepiti. Quando hai trovato il nemico e soprattutto la causa di tutti i tuoi problemi non è sulle statistiche che ne misuri quella che per te è la sua pericolosità. Se i primi atti del nuovo governo consistono tutti e solo in una caotica e inconcludente guerra al migrante non è un caso. E non è un caso neppure se la gente premia col suo consenso una politica che spara rodomontate a voce grossa ma non ottiene in termini concreti di riduzione dei flussi migratori neppure un terzo dei risultati che Minniti aveva ottenuto sottovoce. Perché? Perché il problema delle migrazioni è considerato in Europa come la madre e il padre di tutti i problemi; tutti credono che, se fosse risolto il problema dei migranti, gli altri si risolverebbero facilmente da sé. Come mai? Per due ragioni almeno: 1) la gente non è buona né generosa, come continua a credere la sinistra ed è invece cattiva ed egoista, come ben sa la destra che ci specula; 2) il problema delle migrazioni è effettivamente immane e forse ormai endemico: l’astuzia della destra consiste nel far credere che sia invece episodico e che, una volta bloccati coraggiosamente certi percorsi e fatti annegare un po’ di emigranti, esso scomparirà; 3) i migranti sono l’immagine più visibile della colpa altrui ( subito dopo viene l’Europa; quella, si capisce, degli altri).
Il guaio della sinistra non è, a mio giudizio, che non sa più dare risposte, ma non sa più orientare le domande della gente verso il giusto e il meglio. E non sa neanche più riconoscere e denunciare i veri e più pericolosi nemici: li cerca dentro di sé, tra i rivali di partito o di area, polemizza col jobs act confondendolo con lo sfruttamento organizzato del lavoro nel quarto mondo, e non vede neppure il fascismo rinascente in altre forme ma non dissimili linguaggi, ignora la spregiudicata finanza internazionale, lo scandalo dei paradisi fiscali, il pericolo delle guerre commerciali e della fine del sogno europeo.