Genova

Rifondazione Genoa, i difetti che deve correggere Giampaolo

A MODO MIO

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Raggiunta la salvezza battendo con qualche imprevisto patema il quasi condannato Verona il Genoa ora si prepara all’ennesima rifondazione. Nuovo allenatore, squadra rinnovata. Ballardini è arrivato al capolinea della terza avventura rossoblù. L’esegesi delle parole del numero 1 non si presta ad equivoci. Grazie per quanto ha fatto per il Genoa ma l’allenatore per la prossima stagione è stato già scelto e sarà qualcun altro. Per me Ballardini (di nuovo osannato dalla Nord) aveva ampiamente meritato la riconferma. Ha compiuto una impresa assoluta (35 punti in 22 gare, un passo “europeo”) e ripartendo in estate avrebbe potuto stupire ancora. Il Balla ha goduto della pace sociale in gradinata Nord, privilegio che non era toccato all’ultimo Gasperini. Bravo e anche fortunato, dunque. Napoleone sceglieva i suoi generali se erano fortunati prima che bravi. Preziosi non è Napoleone ed evidentemente coltiva altre idee. Mi auguro che semmai fosse convocato d’urgenza per la quarta volta al capezzale del Grifone, Ballardini risponda con un cortese ma secco rifiuto. Quando è troppo è troppo.
Il nome in pole per sostituirlo è quello di Davide Nicola, genoano di antica militanza, uomo provato duramente dalla vita, allenatore serio e preparato e non incline ai compromessi: se ne andò infatti a campionato in corso da Crotone per dissapori con la società. Il Genoa sarebbe la svolta cruciale nella sua carriera e dunque non gli mancheranno motivazioni ed entusiasmo. La società dovrà accontentarlo, nei limiti del possibile, fornendogli calciatori adatti al suo calcio. Il Genoa ha diversi giocatori in scadenza di contratto e in prestito, formula che in un paio d’anni sarà abbandonata. Le eventuali partenze illustri (Perin e Laxalt i maggiori indiziati) andranno compensate rafforzando l’intelaiatura della squadra. Portiere-centromediano-regista-centravanti: sono all’antica, per me si parte dalla spina dorsale, il resto viene di conseguenza. Sotto esame ci sono Bessa, El Yamik, Medeiros (18 mesi di prestito, riscatto fissato a 10 milioni di euro), ai quali Ballardini ha concesso scampoli di partite più o meno ampi. Ma anche Lapadula e Bertolacci: il primo costa 11 milioni pagabili in due anni, il secondo è in prestito secco. La rosa è troppo ampia – hanno giocato in 32 – e andrà sfoltita e ringiovanita.
L’assemblea per l’approvazione del bilancio, fissata a fine mese, dirà delle condizioni di salute dei conti. Si procede nell’alleggerimento del “rosso” e dunque verso una situazione di normalità. Preziosi ha dichiarato di essere aperto ad esaminare eventuali offerte per acquistare il club e anche l’ingresso di un socio di minoranza. E ci credo! Il socio che porta denari e lascia comandare altri è il sogno di ogni presidente, Spinelli ne aveva fatto un mantra. Penso che sia una soluzione teorica e irta di rischi. Nelle società di calcio deve comandare uno solo alla volta. Figurarsi poi se si chiama Preziosi, uno che decide tutto in prima persona…
La Sampdoria resta aggrappata con le unghie all’impervia impresa di agguantare il pass per l’Europa. L’ennesimo umiliante rovinoso capitombolo – 0-4 dalla Lazio - conferma le debolezze intrinseche della squadra in trasferta. Un cocktail micidiale di scarsa personalità, gambe molli, idee confuse e assetto tattico pietrificato ha propiziato il rovinoso declino degli ultimi due mesi. A Roma la frana è stata generale, con alcuni giocatori (Ferrari, Strinic, Caprari) alla deriva. Lieta sorpresa il giovane difensore centrale Andersen che se l’è cavata assai bene, alzando un argine che i compagni purtroppo hanno via via demolito. La Sampdoria ha trovato il nuovo Skriniar e il merito è di Giampaolo che con i giovani ha fiuto. Mi auguro che con Cagliari il danese torni in campo dal 1’, in coppia con l’imprescindibile Silvestre. Le alternative praticabili sono poche in una rosa ristretta (in termini di affidabilità, non di numeri). I 53 gol subiti (36 lontano da Genova), quattro da Lazio, Udinese e Crotone, tre da Juve, Bologna e Benevento (nonché i 5 rifilati dall’Inter a Marassi), illustrano le disfatte più tragiche delle dieci sconfitte esterne. Il gioco della Sampdoria funziona se tutti stanno bene atleticamente e sono lucidi di cervello. Se calano le energie fisiche e mentali, in assenza di alternative tattiche la macchina si inceppa. La caduta iniziata a Crotone alla metà di marzo ha segnato lo zenit e insieme il nadir dell’avventura blucerchiata. Da allora la Sampdoria ha raccattato appena 4 punti battendo il Bologna e pareggiando col Genoa e perdendo con l’Inter, a Chievo, a Torino con la Juve e appunto a Roma con la Lazio. In sette gare ha incassato 18 gol (clean sheet solo nel derby e col Bologna) segnandone appena 3. L’undestatement dei dirigenti e del tecnico è irritante, a volte occorre alzare la voce anziché minimizzare. E questa è una di quelle volte. I giocatori, stanchi di testa e di gambe per la gran volata conclusasi in Calabria (Torreira è l’esempio lampante), danno la sensazione di non credere nell’Europa. Il pubblico ha fiutato l’aria, da qualche settimana a Marassi i vuoti sugli spalti si allargano. I tifosi sono imbufaliti dall’arrendevolezza di una squadra che non bagna la maglia. C’è un atmosfera di “tutti a casa” che fa male. Per strappare il settimo posto la Sampdoria dovrà vincere tre gare su quattro (Cagliari, Sassuolo e Spal) e confidare nelle cadute delle avversarie, impegnate in diversi scontri diretti. Il Genoa affronterà a Bergamo l’Atalanta e a Marassi la Fiorentina e il Torino. Ecco, i cugini avranno voglia di fare un favore alla Sampdoria?