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Franco Tagliabue VolontéWritten by: Città e Territorio

Revolution Square/2. Anatomia di cinque piazze dal Cairo a Parigi

Un percorso a ritroso dal 2011 al 1792: con una densità di 3 persone al metro quadro la “pressione” della piazza è fatale ai tiranni

LEGGI LA PRIMA PARTE

Piazza Tahrir, Il Cairo

(Immagine di copertina) È un grande spazio aperto immediatamente fuori dal centro storico, pur rimanendone praticamente tangente. Molti edifici istituzionali la circondano, tra i quali il grande Museo Egizio, la moschea di Omar Makram, il governativo palazzo Mogamma e l’edificio della Lega Araba, mentre tra i riferimenti occidentali vi è il campus dell’American University. Sullo spazio pubblico gettano un’ombra imponente il Nile Hilton e l’Intercontinental Hotel, di altezze decisamente superiori. La fermata Sadat della linea metropolitana accede direttamente sulla grande rotonda centrale. Non è comunque uno spazio chiuso dagli edifici. La sua dimensione è notevole ed è in grado di confrontarsi alla pari per importanza con questi. Dal versante settentrionale parte la via Qasr al-Ayn, da quello occidentale via Talʿat Harb, mentre la via Qasr el-Nil, come suggerisce la toponomastica, raggiunge il ponte che scavalca il più grande fiume africano.

L’occupazione della piazza prende inizio il 25 gennaio 2011 sull’onda dei rivolgimenti avvenuti oltre confine. Il primo giorno manifestano tra le 25.000 e le 50.000 persone. È la “Giornata della collera” e segue gli accadimenti dei giorni precedenti quando una persona (successivamente seguita da altre due) si dà fuoco sull’esempio di quanto successo qualche settimana prima in Tunisia. Altre rivolte scoppiano nei principali centri egiziani, ma ciò che accade al Cairo riveste un carattere fortemente simbolico. Tahrir è il cuore della rivoluzione. Nei giorni seguenti il numero dei manifestanti cresce esponenzialmente. 100.000, 250.000; Al Jazeera riporta addirittura un milione di persone presenti l’1 febbraio, se comprendiamo in questo numero i manifestanti presenti in piazza e quelli che si trovano nelle vie circostanti; ma impressionante è soprattutto la concentrazione di persone. Se consideriamo che la piazza misura circa 80.000 mq, si conta al suo interno una densità pari a 3,12 persone/mq. È questa la vera forza d’impatto dei manifestanti: la dimostrazione che nello spazio pubblico più importante della città si siano raccolte quante più persone la piazza ne possa contenere. La spazio è saturo: tutti i cittadini simbolicamente sono presenti.

Ma non basta. Nelle ore successive in piazza si presentano anche i sostenitori del presidente egiziano Mubarak; la tensione si alza e il giorno seguente si arriva agli scontri più violenti. L’esercito interviene per sedare gli scontri. Alla fine degli eventi si contano moltissimi morti e feriti. Questa però è la svolta: la folla diventa violenta ed il tono della rivoluzione cambia. La piazza esercita una pressione incredibile. Tre persone ogni metro quadro che urlano esaltate o impaurite generano un’energia, un’onda d’urto assoluta, evocando immagini apocalittiche. È il punto di non ritorno: ora Mubarak arretra le sue posizioni. Cominciano le concessioni e la promessa di ritirarsi a vita privata, fino all’inesorabile resa.

Intanto la piazza si organizza, prende corpo, si disegna velocemente. Il cuore nevralgico è costituito da un cerchio di circa 70 m di diametro che ospita l’accampamento dei blogger e si sovrappone grossomodo alla rotonda preesistente. La posizione ha un significato preciso; da qui partono le informazioni per tutto il mondo. Non c’è nessuno che possa raccontare fatti diversi da quelli che accadono. Sono i rivoluzionari stessi a dare le notizie e i media mondiali attingono da qui. È al centro anche perché questo è il punto strategicamente più protetto da possibili attacchi esterni.Le infrastrutture sono costituite dai tank di acqua ed altri generi di primo consumo che sono collocati sul fianco destro del Museo Egizio. Lì vicino la clinica di strada – sulla via di fuga – in caso di emergenza. Il punto di distribuzione dell’acqua, le toilette e i banchi del cibo sono raggruppati al margine, sul lato ovest di Meret Basha, forse perché devono essere riforniti e ripuliti con facilità. Il campo tende si trova invece un po’ più a sud, quasi sotto l’Intercontinental Hotel, mentre il palcoscenico sta nella parte meridionale, dove entra l’arteria Al Kasr Al Aini, verso il Mogamma. Serve per i proclami, ma viene utilizzato anche per concerti e manifestazioni di ogni tipo. Addirittura viene installato un asilo, perché anche le madri dei piccoli possano partecipare. Non possono mancare i venditori di coccarde e bandiere, quasi ci si trovasse allo stadio. La Rivoluzione si vende, ma non è un fatto di puro marketing. Dare un colore, un nome o uno slogan aiuta a veicolare le immagini e i fatti. L’Artwork è il luogo dove la manifestazione genera comunicazione visiva. La Rivoluzione raccontata in ex tempore serve forse per anche esorcizzare la paura.

Infine il Newspaper Wall. Qui i giovani rivoluzionari attaccano le pagine dei giornali stranieri, per tenersi aggiornati su come il mondo sta giudicando le loro azioni. A dispetto dei social, le informazioni sotto forma fisica sono visibili e fruibili da tutti, anche da coloro che non hanno a disposizione uno smartphone.

 

Avenue Bourguiba, Tunisi

Come molte città tunisine, anche la capitale ha un’avenue Bourguiba, che con la sua arteria più importante, che si sviluppa da est a ovest, onora la memoria del padre fondatore della patria moderna, essendone stato anche il primo presidente. Inizialmente chiamata promenade de la Marine in quanto verso est s’intesta sul lago di Tunisi, in realtà un mare interno, prima di arrivare al porto commerciale e alla costa. A ovest termina proprio contro il corpo compresso della Medina storica, alla quale si accede attraverso la Bab Bhar o Porte de France.

È durante l’occupazione francese che la strada, emulando l’avenue des Champs-Élysées di Parigi, viene sistemata per accogliere le attività istituzionali. Prima di ridursi a sole due linee, alla risistemazione del 2001, ha quattro filari di ficus che con il loro generoso fogliame concedono un po’ d’ombra alle dame dell’epoca che qui passeggiano e s’incontrano con il resto dell’alta società tunisina per le attività del tempo libero. Essendo da questo momento la strada più rappresentativa della città, la toponomastica cambia in favore del potere politico. Prima Jules Ferry, il politico fautore della politica coloniale francese. Poi, dal 1956, il liberatore Habib Bourguiba.

Già dai primi anni dell’occupazione, sull’arteria sorgono edifici di prima rappresentanza, come la cattedrale Saint-Vincent-de-Paul, il Teatro municipale in stile Art nouveau. Ora si trovano anche molti alberghi internazionali come il grattacielo El Mouradi o il coloniale Claridge, la Banca Internazionale Araba, il grande centro commerciale Palmarium e parecchi cinema. Non mancano anche qui gli edifici delle istituzioni, come l’Università d il Ministero dell’Interno, oppure l’Ambasciata francese che ai tempi dell’occupazione fu la sede del Protettorato.

La rivoluzione in Tunisia è la prima delle rivolte arabe e inizia in maniera quasi accidentale con la protesta del commerciante Mohamed Bouazizi che si dà fuoco il 17 dicembre del 2010, per morire pochi giorni dopo, a seguito del sequestro della merce da parte della polizia. Subito le manifestazioni per quello che diventerà a breve il primo martire della primavera araba si trasformano in un rivolgimento contro le condizioni economiche della popolazione ed il governo di Ben Alì che in pochi giorni diventa agli occhi del suo popolo un dittatore da rovesciare. Nel giro di venti giorni i suicidi diventano cinque e già gli scontri con la polizia nella parte centrale del Paese provocano decine di vittime.Ben Alì tenta di arginare le proteste promettendo riforme e posti di lavoro ma intanto la polizia attacca con violenza i manifestanti distribuiti in gruppi di centinaia alle diverse manifestazioni che si svolgono in tutta la Tunisia. Il 14 gennaio la popolazione sceglie un posto per la più grande manifestazione, forse l’unica corale, quella che riunisce una volta per tutte l’intera nazione. Per farlo sceglie il posto che più la rappresenta, o forse quello che ha le caratteristiche più adatte per ciò che si vuole ottenere: la popolazione reclama il suo futuro. Muovendo inizialmente dal Teatro municipale verso il Ministero dell’Interno, alla fine il popolo occupa indistintamente lo spazio della strada per tutta la sua lunghezza. In poco più di 9 ore Ben Alì è destituito.

Il dittatore mira al rientro e prepara la controrivoluzione sulla politica della terra bruciata. Le milizie di Ben Ali hanno ordine di sparare e gettare nel panico la popolazione. Le settimane a seguire sono una successione di scontri e morti.Il 25 gennaio il popolo è di nuovo in piazza. Il 26 febbraio è contro il neo-governo di Mohamed Ghannouchi che non convince nessuno, troppo legato al precedente. Avenue Bourguiba è sempre il teatro della rivoluzione. È larga 60 metri e ha una lunghezza di poco più di un chilometro: i manifestanti la occupano indistintamente per tutta la sua lunghezza, con una densità di 3,07 persone/mq. Anche Ghannouchi cede. La Tunisia ora è un altro stato.

 

Piazza Tienanmen, Pechino

La vocazione istituzionale della piazza, la cui origine è datata 1417, risale alle dinastie Ming e Qing quando lo spazio era occupato da uffici dei ministeri dell’Impero. La capitale cinese è quasi infinita nella sua estensione e molte parti possono essere considerate “centro antico”, ma se volessimo identificare la parte più storica della città non esiteremmo a designare al primo posto di questa ideale graduatoria la Città proibita. Tienanmen sorge immediatamente a sud del monumento più conosciuto di Pechino. In posizione simmetrica, sul lato meridionale, la porta Qianmen anticipa un distretto recuperato di recente. Anche su questa piazza insistono diversi edifici monumentali, come il Museo di Storia nazionale a oriente, fronteggiato dalla grande Sala del popolo. Lo spazio pubblico è completamente vuoto, se si fa eccezione per l’imponente mausoleo di Mao Tse-tung e per i 38 metri della Stele agli eroi del popolo. Sui bordi longitudinali sono pochi gli alberi, se raffrontati all’immensità della piazza, la terza al mondo per dimensioni. Non vi sono alberghi, tanto meno internazionali; anche per questo motivo la censura è sempre riuscita nell’intento di coprire i dati della repressione. Persino la famosa immagine “Tank Man” del fotografo statunitense Jeff Widener non fu scattata in prossimità della piazza, bensì dal terrazzo di un hotel distante circa un chilometro. Per la Croce Rossa le vittime a terra alla fine delle proteste furono 2.600 e i feriti più di 30.000.

Quelli del 1989 non furono i primi movimenti di protesta che trovarono in piazza Tienanmen il luogo in cui dimostrare. In passato l’ampio spazio pubblico a sud della Città proibita fu teatro di alcuni moti tra i quali i più importanti furono quello per la scienza e la democrazia nel 1919 (May Fourth Movement) e delle proteste per la morte di Zhou Enlai, avvenuta nel 1976. Forse per questo motivo i giovani studenti decidono di manifestare qui il 22 aprile 1989, contro le condizioni di dissesto in cui versa l’istituzione scolastica cinese. Da tempo le mense sono totalmente sprovviste di cibo e poi, soprattutto, il concetto di democrazia è molto distante da ciò che le persone colte, a maggior ragione gli studenti, hanno imparato a conoscere nel mondo. Ad una censura non più sostenibile, i ragazzi dell’89 hanno deciso di rispondere alla maniera dei loro coetanei europei, agli albori della caduta del blocco sovietico, cioè scendendo in piazza a reclamare il diritto a partecipare a quello che appartiene a tutti i ragazzi del mondo: la libertà di scambio delle informazioni e delle opinioni. Ma non finisce come per i loro coetanei: quelle medesime istanze, portate nella stessa modalità, finiscono represse nel sangue. Migliaia i morti alla fine della repressione; ancora a diversi decenni di distanza, non si conosce un vero bilancio della repressione del 3 giugno.

Il 27 aprile i manifestanti sono 50.000, il 4 maggio 100.000. In occasione della visita del capo di stato sovietico Gorbaciov di nuovo 2.000 studenti scendono in piazza, poi seguiti da molti altri ed ergono in piazza una statua della Dea Democrazia, opera degli studenti dell’Accademia di Belle Arti, proprio in faccia all’immagine di Mao, in segno di sfida.Dopo un mese di forti tensioni, il governo cinese decide di imporre la forza in via definitiva. Nella notte tra il 2 e il 3 giugno, un maldestro tentativo dell’esercito per sgombrare la piazza dagli studenti fallisce, con la folla che fraternizza con i soldati disarmati tra gli applausi della gente.Verso le 4 del mattino del 4 giugno i carri armati penetrano dentro la piazza, facendo fuoco e schiacciando i manifestanti con i tank. Poco più di un’ora dopo piazza Tienanmen è soffocata nel silenzio funebre del massacro.

 

Piata Revolutiei, Bucarest

Piața Palatului è una piazza nel centro della capitale rumena a circa un chilometro dall’imponente Casa del popolo che, insieme a una consistente parte del centro città, nasce dal delirio urbanistico del dittatore Nicolae Ceaușescu, degno dei grandi dittatori europei del XX secolo. Carica di retorica imperialista, la costruzione della Casa del popolo è favorita nella sostituzione di un quinto del precedente tessuto storico della città dal sisma di 7.2 della scala Richter che ebbe come epicentro la città di Vrancea, nel nord.

La piazza è in realtà un collage di spazi disposti in sequenza che fronteggiano una serie di edifici istituzionali di varie datazioni: dalla Filarmonica del 1888, al Palazzo reale (ora Museo nazionale d’Arte rumena) dell’inizio del 1800, alla sede del Comitato centrale del Partito comunista. Da qui il dittatore rumeno sceglie di radunare il popolo per riprendere il controllo di una situazione sfuggita di mano a partire dagli scontri di Timisoara del 16 dicembre e di tenere quello che sarà il suo ultimo discorso alla nazione.

La piazza diviene il teatro della rivoluzione il 21 dicembre 1989, quando la popolazione si riunisce ad ascoltare Ceaușescu che dal balcone del palazzo del partito prova a promettere riforme, come nel più consueto cliché dei dittatori in procinto di cadere.In realtà la folla non sembra particolarmente bellicosa fino a quando non si ode il rumore di alcuni spari provenire dalle vie laterali. La reazione della folla è quella di accalcarsi nella piazza, aumentando in pochi minuti la concentrazione di persone nello spazio pubblico, per un fatto del tutto accidentale. La pressione della popolazione nella piazza cresce improvvisamente, manifestandone tutta la forza potenziale. L’oratore, come testimoniano i filmati dell’epoca, credendo ad una reazione molto negativa nei suoi confronti e impaurito, improvvisamente è sopraffatto dalla balbuzie. È a questo punto che la popolazione incredula prende coraggio e via via le urla di paura per gli scoppi si sostituiscono a quelle della rivolta. Il dittatore, non più in grado di proseguire, si ritira nei suoi appartamenti e poche ore dopo, in elicottero, fugge. Catturato in campagna, alle 16 del giorno di natale, vede la fine dei suoi giorni insieme alla moglie Elena con un processo di 55 minuti e un’esecuzione che rende giustizia degli eccidi commessi in vita.

 

 

Place de Ville, Parigi

Quella dell’Hotel de ville è una piazza di medie dimensioni all’ingresso del quartiere Marais della capitale francese. Ora vi si accede dal lato nord, venendo dalla rue de Rivoli, tracciata a inizio Ottocento da Charles Percier e Pierre-François-Léonard Fontaine, ed è aperta sul lungo Senna della Rive droite. L’Hotel de Ville subì molte trasformazioni da quando Étienne Marcel acquistò la Maison aux piliers per svolgervi le sue funzioni di prévôt des marchands de Paris, cioè capo della Municipalità di Parigi, una sorta di equivalente dell’attuale sindaco. L’odierna configurazione si deve però a una serie di ampliamenti tra i quali anche uno rinascimentale ad opera di Domenico da Cortona, fino alla ricostruzione dopo l’incendio del 1871 che ne disegna la forma attuale, più che raddoppiata nelle dimensioni.

Anche la piazza di conseguenza mutò la sua configurazione più volte. Durante i fatti del 1792 risultava decisamente più piccola dell’attuale e di forma trapezia, poiché si restringeva nella parte settentrionale verso la rue de la Tixéranderie a cui si accedeva attraverso uno stretto vicolo. Verso sud, rue de la Mortellerie portava alla piazza che era separata da un porticato dal Portau du Charbon e dalla Senna. Il suo nome era Place de Grève.

È durante la notte del 9 agosto 1792 che ha inizio la fine della monarchia, con la manifestazione in piazza capeggiata da Maximilien de Robespierre e Jean-Paul Marat: 20.000 persone, appartenenti praticamente a tutte le classi sociali, militari e civili, donne e uomini, borghesi e operai, militari e civili si accalcano sotto le finestre del Municipio acclamando un nuovo ordine.Place de Grève misura allora circa 6.300 mq, la gente raggiunge un indice di affollamento di 3,12 persone/mq. Dopo i primi momenti di resistenza, sotto la pressione inarrestabile dei manifestanti, il Consiglio comunale permette ai rivoltosi di entrare, lasciandosi sostituire dal Consiglio della Rivoluzione. Forti della vittoria, nella notte i rivoluzionari si dirigono verso il Palazzo reale e alle prime ore del mattino irrompono arrestando Luigi XVI, Louis le dernier, l’ultimo vero re di Francia.

Riferimenti e bibliografia

Mohamed A. A. , van Nes A., Salheen M. A. , Space and protest: A tale of two Egyptian squares, Proceedings of the 10th International Space Syntax Symposium – The Bartlett Space Syntax Laboratory – UCL London, 2015

Attia, S. (2011). Rethinking public space in Cairo: The appropriated Tahrir Square, Trialog 109, pp.10-15, Berlin ISSN 0724-6234

Canetti E., Crowds and Power, Farrar, Straus and Giroux, New York, 1984, ISBN 0-374-51820-3.

http://www.bbc.co.uk/news/world-12434787

http://www.jeuneafrique.com/182221/politique/grande-manifestation-contre-le-gouvernement-place-de-la-kasbah-tunis/

http://www.merip.org/mero/interventions/art-egypts-revolutionary-square

Autore

  • Franco Tagliabue Volonté

    Franco Tagliabue Volontè, titolare dello studio ifdesign di Milano, vincitore dell’Ecola Award di Berlino, CID Award di Chicago, del Premio Europeo dello Spazio Pubblico di Barcellona e di numerosi altri riconoscimenti, invitato alla Biennale di Venezia e alla Biennale di Shenzhen-Hong Kong, dal 2002 insegna Progettazione alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano ed è stato visiting professor all UTE di Quito. Invitato in seminari nazionali ed internazionali sul tema delle catastrofi naturali, partecipa al programma DAAD Disaster City TU Berlin- Politecnico di Milano e con la ricerca POST-DISASTER RECOVERY IN URBAN AREAS ad Habitat III In Ecuador, promosse da A. Gritti e R. d’Alencon, con cui si è impegnato nei programmi di ricostruzione in aiuto delle popolazioni colpite dal sisma dell’aprile 2016 della costa di Esmeralda in Ecuador. Ha scritto con Nina Bassoli il libro «Stem Procedure - Strategie di rigenerazione post-sisma» per Maggioli editore.

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Last modified: 4 Dicembre 2017