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Giordano Bruno Guerri «L’Italia è stata razzista ma solo nel passato»

Il razzismo a èStoria non è mancato. Ma nessuna paura. “L’Italia è razzista? ” era solo il tema di un incontro tra gli ultimi del festival. E così all’interrogativo hanno tentato di rispondere...

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Il razzismo a èStoria non è mancato. Ma nessuna paura. “L’Italia è razzista? ” era solo il tema di un incontro tra gli ultimi del festival. E così all’interrogativo hanno tentato di rispondere Giordano Bruno Guerri e Marco Revelli coordinati da Simonetta Fiori.

«Non sono un sociologo - puntualizza Giordano Bruno Guerri -, la mia può essere un’analisi di tipo storico, con sguardi sull’attualità, com’è doveroso. Per quanto riguarda la storia, il primo razzismo italiano è stato contro gli ebrei, per motivi religiosi: la Chiesa li giudicava “deicidi”. Gli ebrei venivano contraddistinti con qualche segno, costretti a fare i mestieri di usurai o di stracciaroli. Inoltre, contro gli ebrei venivano presi provvedimenti come il ghetto. E anche quando la Chiesa contro gli ebrei non si accaniva più, nell’800, “La Civiltà Cattolica”, l’organo dei Gesuiti che perseguiva la politica culturale della Chiesa, contro gli ebrei era strapieno di attacchi, tant’è vero che, durante il fascismo, Farinacci e Preziosi, gli autori della modifica razziale antiebraica, dicevano che “la Chiesa ci ha insegnato a essere nemici degli ebrei”».

Ciò per quanto riguarda il passato. Ma oggi?

«Per la natura umana - risponde Bruno Guerri -, il “diverso” è “diverso”. Certamente, ci sono fasi storiche in cui un popolo è più o meno razzista. Ma io credo che tutti i popoli siano istintivamente razzisti. Comunque, non penso che gli italiani lo siano. Siamo una confluenza storica di decine di razze che si sono fuse. Non possiamo, quindi, essere razzisti. Di sicuro, ci troviamo in una fase storica per cui, forse per la prima volta, conosciamo altre razze: non siamo un Paese coloniale, a parte la brevissima esperienza di “faccetta nera”, e quindi l’arrivo di tante razze diverse è indubbiamente un urto, peraltro accaduto in un periodo di crisi economica. Ciò aggrava di moltissimo la sensazione che ci venga sottratto qualcosa. Inoltre, si tratta di un’immigrazione povera, direi disperata, con una tendenza oggettiva, fisiologica a delinquere, e ciò incrementa ulteriormente la sensazione di dover combattere un nemico razziale. Ma in definitiva, ripeto, direi che non siamo un popolo razzista».

Lei usa il termine “razza”…

«Sì, lo so, è un sostantivo indubbiamente controverso. E so benissimo che le razze non esistono. Ma usiamo questo termine convenzionalmente. Per quanto mi riguarda, non ho minimamente il senso della razza. Mio figlio maggiore si è appena fidanzato con una bellissima ragazza dalla splendida pelle nera e io ne sono straordinariamente felice. Non accadrà, perché sono ancora troppo piccoli, di avere un “Guerrino marroncino” ma non ne vedrei l’ora».

Lei è anche presidente del Vittoriale degli Italiani. D’Annunzio era razzista?

«Non lo era affatto. Era troppo intelligente per esserlo. Ma era un figlio della propria epoca e dobbiamo sempre tenerlo presente: prima della seconda guerra mondiale, prima dello sterminio degli ebrei, avevamo una diversa sensibilità rispetto alle razze e al razzismo. È un po’la stessa questione del “politicamente corretto” di oggi. All’epoca, per esempio, a Fiume, D’Annunzio disse una frase sprezzante sugli Slavi ma non si trattava tanto di razzismo vero e proprio quanto di un razzismo culturale. Del resto, non ci sono tracce nella sua produzione di sdegno verso le altre razze, a parte quella frase politica contro gli Slavi, che tra l’altro era rivolta anche ai tedeschi e voleva rappresentare la cultura latina contro le altre».

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