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L’Italia di Prezzolini tra politica e cultura è un elenco di giudizi raccolti nell’Ideario

Pubblicato per la prima volta nel 1967 esce ora da Aragno in un’edizione con prefazione di Beppe Benvenuto: «La sua fu una vita sempre attiva»

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paolo marcolin

Quando Indro Montanelli, abbandonato il suo Giornale perché Berlusconi voleva farne uno strumento per la sua discesa in campo, decise di fondare un nuovo quotidiano, scelse di omaggiare “Prezzo”, il suo maestro, e specchiandosi nello scomodissimo irregolare e ammirando il giornalista dalla prosa nitida che andava al sodo, lo chiamò ”La Voce”. Come la rivista, fondata a Firenze nel 1908 e che contribuì in modo determinante a svecchiare la cultura italiana, voltando le spalle al dannunzianesimo, e portandola al centro del dibattito europeo, facendo conoscere all’Italia giolittiana le grandi firme dell’intellighenzia internazionale. La “Voce”, disse Curzio Malaparte, preparò il fascismo e anche l’antifascismo. Mente dell’impresa fu Giuseppe Prezzolini, Prezzo per gli amici, nato casualmente a Perugia ma di famiglia senese. Vulcanico, intelligente, lettore onnivoro, fiuto acutissimo per scovare talenti, fece della Voce un settimanale irriverente, spregiudicato, anti-retorico che spalancò la cultura italiana e che avrebbe avuto una grande influenza anche sulla generazione di Montanelli.



Lo riconobbe con orgoglio lo stesso Prezzolini anni dopo parlando di sé in terza persona: «Il fondatore seppe tenere insieme molte promettenti e potenti individualità italiane, e altre attrarne in quel cerchio di discussioni, e suscitare vocazioni nei giovani». Il suo giudizio amaro e disincantato sull’Italia e sugli italiani risuona ancora: “per il bene come per il male non ci fu un periodo così italiano come quello del fascismo”.

Una summa del suo pensiero, per farsi un’idea della qualità, della stoffa di questo anarco-conservatore, pensatore libero fino al midollo, lo dà “L’ideario” (Aragno, pagg. 278, euro 20 euro). Uscito per la prima volta nel 1967, e ripubblicato nel 1998 con un ritratto di Prezzo firmato da Montanelli, è “uno zibaldone, un riassunto di più di mezzo secolo di vita attiva, un almanacco rapsodico dell’umanità Prezzolini”, scrive nella prefazione Beppe Benvenuto. Da “abiti” a “Windsor”, in ordine alfabetico sono trattati gli argomenti con i quali si è misurato Prezzolini nel corso della sua vita centenaria.



In ordine sparso, Dio ( “è un rischio”), la democrazia (“riposa su un presupposto erroneo, che gli uomini siano capaci di giudicare degli avvenimenti politici”), i giovani (“hanno bisogno di programmi eroici, avventurosi, concreti, sono dei missionari nati”), la violenza ( “l’ultimo rifugio dei deboli”). Animato dal rovello di capire gli italiani, è un Prezzolini sconsolato quello che scopre il perenne carattere italico. “La piazza è il vero governo italiano, che decide la guerra o fa cessare lo sciopero dei tranvieri”.

Aggiungete a piazza l’aggettivo virtuale e avrete un’idea della profondità dell’analisi prezzoliniana. La cultura, ancora ci ammonisce il “Prezzo”, attualissimo e scorretto, ha qualcosa in più rispetto alla politica, ambizioni e obiettivi meno contingenti. —





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