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Vita spericolata e avventure di capitan Alonso de Contreras

la biografia Il racconto della sua vita spericolata attrasse Ortega y Gasset, Croce, Jünger, Sciascia. Lettori decisamente differenti tra loro, ma dall’occhio addestrato. Lope de Vega, che lo aveva...

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la biografia



Il racconto della sua vita spericolata attrasse Ortega y Gasset, Croce, Jünger, Sciascia. Lettori decisamente differenti tra loro, ma dall’occhio addestrato. Lope de Vega, che lo aveva conosciuto, gli dedicò la commedia “El rey sin reino”. Introdotto da queste referenze, “el capitàn” Alonso de Contreras visse tra la fine del ’500 e la prima metà del ’600, accompagnando le ultime vittoriose vestigia della Spagna imperiale e intravvedendo il tramonto di un’epoca. La sua autobiografia, scoperta all’inizio del Novecento, ebbe una prima edizione italiana negli anni ’50 per i tipi di Longanesi, che adesso la rilancia confermando la traduzione di Ettore De Zuani (“Avventure del capitano de Contreras”, prefazione di Arturo Pérez-Reverte, introduzione di Marco Cicala, 18.60 euro). La storia è quella di un soldato castigliano, che lotta dal Mediterraneo alle Antille, contro i musulmani infedeli e contro i pirati protestanti. Allora la Spagna, a nemici sparsi per il mondo, non badava a spese. Non sono combattimenti normati dalla Convenzione di Ginevra e la narrazione, senza pretese di eleganza formale ma condotta a ritmo incessante, non manca di crudezze. Ammazzare non era un fatto eccezionale. Certo, crudezze ma anche confronti. Conflitti ma anche ascolti, sguardi, curiosità: il Mediterraneo, come ci ha insegnato Fernand Braudel, era un grande teatro. Di quel palcoscenico Contreras fu uno dei figuranti, sicuramente non dei più banali, anzi: Napoli, Palermo, Malta, Pantelleria, la costa nordafricana, il Levante... Quel mare “el capitàn” lo conosceva talmente bene da averlo descritto in un portolano, conservato nella Biblioteca nazionale di Madrid. Il genere letterario è quello picaresco, si combatte per campare e per tentare la fortuna, si vive nei bassifondi, nelle taverne e con le puttane. Chi abbia letto le avventure del capitano Alatriste, scritte da Arturo Pérez-Reverte (che non a caso firma la prefazione a questa edizione di Contreras), o abbia visto il film su llo spigoloso castigliano interpretato da Viggo Mortensen, inquadra immediatamente Contreras, che di Alatriste è parente stretto. L’esordio del giovane Contreras nella perigliosa università del marciapiede fu piuttosto precoce. Minorenne finisce davanti ai giudici perchè uccide con un temperino un compagno di scuola. A quattordici anni si arruola soldato. Non c’è posto e non c’è porto dove non accada qualcosa, risse, carcere, tortura. “El capitàn” è un uomo d’azione, che sull’azione basa la sua stessa sopravvivenza. A Palermo sposa una vedova, ma la sorprende con l’amante e li uccide entrambi. D’altronde - come rammenta Cicala nell’introduzione - Benedetto Croce, studioso del ’600 italiano, ebbe a ipotizzare che “el capitàn” avesse esaurito i giorni terreni accoppato in un cesso: se vera, pagina finale non eroica ma non impensabile in un ordito di vita nel quale ogni giorno era conquistato alla miseria e al pericolo. —



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