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Il Premio Amidei vola in Libano «Contro le voci oscure del Paese»

la motivazioneCe l’ha fatta “L’insulto”, regia del franco-libanese Ziad Doueiri, anche autore della sceneggiatura assieme a Joëlle Touma, a vincere il 37° Premio Amidei. Ieri l’annuncio alla...

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la motivazione

Ce l’ha fatta “L’insulto”, regia del franco-libanese Ziad Doueiri, anche autore della sceneggiatura assieme a Joëlle Touma, a vincere il 37° Premio Amidei. Ieri l’annuncio alla mediateca Casiraghi, a Gorizia, e, in seguito, al Parco Coronini Cronberg con gli immancabili discorsi di rito e la proiezione di “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” di Martin McDonag che, fuori concorso, ha sancito la conclusione dell’iniziativa. Questa la motivazione con cui il premio è stato assegnato: «Straordinario film libanese, “L’insulto” è riuscito a rappresentare un conflitto secolare attraverso la storia di due personaggi e a raccontare come una semplice incomprensione può scatenare reazioni collettive. Grazie a una scrittura vivida e potentissima, i due autori hanno dimostrato che una drammaturgia solida può spiegare (meglio di tanta informazione) la psicologia, le contraddizioni e le gabbie mentali di uno scontro comunitario. Al tempo stesso, però, “L'insulto” mostra gli spiragli di una ricomposizione, la possibilità di uno sguardo verso il futuro e la forza dirompente della volontà personale, mettendo in campo un coraggio artistico che ha messo a rischio la libertà del regista stesso. Libertà religiosa e culturale che è del resto il tema della sceneggiatura vincitrice».

Già vincitore della Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile (Kamel El Basha) alla 74° Mostra del cinema di Venezia, “L’insulto” è anche la prima opera libanese nominata agli Oscar per il miglior film straniero. Selezionato dalla giuria dell’Amidei con altri sette lavori, ambientato nella Beirut di oggi, il film ha inizio con un litigio apparentemente banale che porta in tribunale i due protagonisti Tony Hanna, libanese militante nella destra cristiana, e Yasser Salameh, palestinese musulmano. Quello che inizialmente dovrebbe essere un semplice processo civile tra due privati cittadini sfocia presto in un caso politico di eco nazionale che risveglia i fantasmi collettivi della guerra civile in Libano. Attraverso i suoi personaggi il film racconta così la complessità della convivenza tra cittadini di religioni e culture differenti ripercorrendo i conflitti irrisolti di un passato che ancora minaccia il presente. «Questo prestigioso riconoscimento ci aiuta a contrastare alcune voci oscure che nel nostro Paese tentano costantemente di abolire la libertà di parola e di espressione con la censura - ha commentato Ziad Doueiri tramite un videomessaggio inviato da Parigi -. Il Libano ha dovuto attraversare tutto questo negli ultimi vent’anni e per alcuni di noi non è stato affatto facile. Abbiamo dovuto confrontarci con il governo e con l’ufficio censura e ci siamo imbattuti in organismi specifici che hanno provato a fermare noi e il nostro pensiero. Alla fine, quando riceviamo un premio come questo, la nostra vita e la nostra battaglia diventano un po’ più semplici». —

ALEX PESSOTTO

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