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Tel Aviv rende omaggio a ventitré “Italkim”

TEL AVIVVentitré biografie di italiani e tra questi ben 6 insignite con il massimo riconoscimento del paese, il 'Premio Israel'. A tutti loro, gli 'Italkim' che negli anni '20 e '30 fecero l'aliyà (l’...

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TEL AVIV

Ventitré biografie di italiani e tra questi ben 6 insignite con il massimo riconoscimento del paese, il 'Premio Israel'. A tutti loro, gli 'Italkim' che negli anni '20 e '30 fecero l'aliyà (l’immigrazione) in quella che allora era la Palestina sotto Mandato inglese, è dedicata la mostra che si apre il domani al Museo di Arte Ebraica Italiana U. Nahon di Gerusalemme. Un omaggio - ha detto il presidente dell'istituzione Jack Arbib - a chi ha contribuito con la sua opera alla costruzione dello Stato di Israele di cui nel 2018 si festeggiano i 70 anni della nascita. Una aliyà «di grande qualità» - ha aggiunto - che per scelta, o per costrizione imposta dall'antisemitismo razzista allora crescente in Italia, portò «ragazzi e ragazze provenienti da famiglie borghesi agiate a diventare pionieri in un paese che poco conoscevano ma che amavano profondamente».

Le storie dei 23 Italkim sono diventate così il filo conduttore per raccontare «il loro apporto culturale, accademico e scientifico alla costruzione dello Stato sionista». Tra i 6 insigniti del Premio Israel ci sono uomini e donne che hanno aperto la via in molti campi del futuro stato: dal giurista Guido (Gad) Tedeschi, all'agronomo Yoel De Malach (Giulio De Angelis), al fisico Giulio Racah, al demografo Roberto Bachi, al linguista Gad Tzarfati, ad Ada Sereni grande capo in Italia dell'emigrazione clandestina in Israele. Senza dimenticare lo psicologo Enzo Bonaventura ed Enzo Sereni, marito di Ada, tra i fondatori del kibbutz 'Givat Brenner', ucciso nel campo di concentramento di Dachau. —

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