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L’Ue ammonisce Zagabria: troppi privilegi ai reduci di guerra

La Croazia li ha estesi anche ai familiari. Nella categoria 505 mila persone, il 12% della popolazione: un’ampia fetta di elettorato

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ZAGABRIA Importanti, privilegiati, forse fin troppo. I branitelji, i «difensori» della «guerra patriottica croata» (così com’è ufficialmente chiamata la guerra d’indipendenza) godono da sempre di uno status speciale all’interno della società croata. Uno status, tuttavia, che secondo la Commissione europea è eccessivo e va a discapito del resto della popolazione. Nel suo ultimo rapporto sull’andamento economico del Paese, l’esecutivo europeo ha infatti notato «l’esistenza di categorie privilegiate come quella dei reduci di guerra». Il testo di 73 pagine, pubblicato mercoledì, denuncia che «le autorità (croate, nda.) hanno proposto di estendere ulteriormente i benefici assicurati agli ex combattenti e alle loro famiglie, provocando così un aumento dei loro plafond pensionistici». Non solo. L’iniziativa legislativa del governo di Andrej Plenković viene avanzata mentre «pochi progressi sono stati fatti per facilitare il reinserimento dei veterani di guerra nel mercato del lavoro» e in un momento in cui «le pensioni dei veterani sono generalmente più del doppio di quelle previste dallo schema ordinario».

La Commissione fa riferimento «alla legge adottata dal governo nel novembre del 2017» che «riapre la possibilità di registrarsi come ex combattenti, riduce il limite di età per andare in pensione ed estende ai familiari il diritto di ereditare le pensioni dei veterani». Infine, conclude l’esecutivo europeo, «la legge introduce anche un numero supplementare di privilegi sociali per i reduci di guerra e impone l’obbligo di finanziare le associazioni di veterani (tra lo 0,3% e l’1% del budget dei governi locali)». Inutile dire che per la Commissione europea si tratti di una cattiva idea, non solo per l’aumento della spesa (in un paese afflitto da un debito pubblico dell’80% del Pil), ma anche perché peggiora il welfare croato, già «afflitto da una scarsa individuazione di chi ha davvero bisogno e dall’esistenza di categorie privilegiate come quella degli ex combattenti».

Insomma, Zagabria spende male i suoi soldi e in questo modo dimentica chi è davvero in condizioni disagiate e avrebbe bisogno dell’aiuto dello Stato. Ma perché allora tanta attenzione per i branitelji? La risposta è di natura politica. Nella primavera del 2016, il registro dei veterani di guerra contava oltre 505 mila persone (in continua crescita), ovvero più del 12% della popolazione croata. Si tratta dunque di una fetta di elettorato non da poco e con la quale i partiti devono continuamente fare i conti. A dimostrazione dell’importanza degli ex combattenti, si pensi che il primo incontro ufficiale della presidente Kolinda Grabar Kitarović, nel giorno stesso della sua elezione nel gennaio del 2015, fu proprio con i veterani. A loro, accampavati da mesi nel centro di Zagabria per protestare contro l’allora governo socialdemocratico di Zoran Milanović, la neoeletta capo di Stato assicurò il proprio sostegno.

E nel settembre 2016, quando le ultime elezioni politiche videro l’attuale premier Plenković sfidare l’ex capo dell’Sdp Milanović, quest’ultimo trovò necessario recarsi proprio dai veterani, nel tentativo (vano) di convincerli a non votare per i conservatori. Tradizionalmente schierati a destra, i branitelji fanno spesso il bello e il cattivo tempo nel panorama politico croato. L’ultimo caso è stato quello del saluto ustascia «Za dom spremni!» (Per la patria, pronti!), regolarmente usato in pubblico dagli ex combattenti delle Forze croate di difesa (Hos). Qualche giorno fa una commissione nominata dal governo Plenković ha dichiarato il motto incostituzionale (poiché inevitabilmente legato al regime filo-nazista di Ante Pavelić) ma ne ha al contempo permesso l’utilizzo in alcune condizioni eccezionali. Non soddisfatti, i veterani dell’Hos hanno comunque protestato l’altro ieri a Zagabria.

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