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«Io, illuminato da Padre Pio ho voluto Shalom per gli ultimi» - Foto

Marco Sabia e Lucia Aterini
Don Andrea Cristiani mostra una foto di Padre Pio (Agenzia Carlo Sestini)
Don Andrea Cristiani mostra una foto di Padre Pio (Agenzia Carlo Sestini)

Don Andrea Cristiani ha fondato il Movimento con 22.600 tesserati nel mondo: «Avevo dubbi sul farmi prete: lui mi guardò, annuì e mi mise la mano sulla testa»

29 ottobre 2018
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FUCECCHIO. Che la sua vita sarebbe stata indissolubilmente legata al nome del santo di Pietrelcina, Andrea Pio Cristiani ce l’aveva scritto anche nel nome. La sua famiglia era devota al frate cappuccino prima che Andrea nascesse, perché Padre Pio convertì suo nonno e gli consentì di morire sereno, nonostante fosse affetto da un male allora incurabile.

Era il 1949 e il futuro arciprete di Fucecchio – e fondatore del movimento Shalom – non era nemmeno nato. Nel 1965, invece, Andrea Cristiani ha 15 anni: la sua famiglia di Staffoli prende parte ad un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, organizzato dalla maestra Silvana Federighi. Andrea è in quella fase della vita dove non sa ancora che strada prendere: «Ero un po’ “birbante” – racconta – e andai in pellegrinaggio con la convinzione di cercare un’indicazione da Padre Pio. Sì, ogni tanto ci pensavo a farmi prete ma non ero ancora convinto. Fu così che decisi di provare a servirgli messa, un onore per il quale all’epoca ci si metteva in fila. La messa si teneva alle 4 del mattino e la gente si accampava davanti alla chiesa per avere i primi posti e assistere alla funzione celebrata dal Santo. E fu lì che cambiò la mia vita».

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Andrea Cristiani lascia il numero di telefono dell’albergo dove alloggia al padre sacrista ma non ci spera più tanto. La sera stessa, invece, riceve una chiamata, nella quale gli si dice che avrebbe servito messa a Padre Pio perché l’uomo che avrebbe dovuto farlo aveva avuto un imprevisto: «Quella notte non dormii e alle 3 ero già davanti alla chiesa, con la gente che mi guardava con gli occhi spalancati quando dissi che avrei servito messa a Pio. Ero anche un po’ impaurito, perché il frate era un uomo burbero. Arrivò sorretto da due persone, mi guardò e non disse nulla. Mia madre mi disse che durante la funzione sentiva dei profumi particolari, floreali. Io lo guardavo, guardavo le sue mani e le stigmate. E mi questo mi infervorò, perché lì decisi che avrei voluto essere come lui. Poi, una volta tornati in sagrestia, pensavo fra me e me che volevo un segno da Padre Pio, una risposta al mio quesito sul diventare prete; lui a quel punto mi guardò, fece sì con la testa per due volte e mi mise la mano sul capo. Capii che quella era la mia strada, quella del sacerdozio».

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Andrea Pio Cristiani va a fare un biennio di filosofia a Parigi, poi teologia a Pisa: viene ordinato sacerdote il 7 dicembre 1974 dal vescovo di San Miniato, monsignor Paolo Ghizzoni. Nel suo biennio a Parigi vive il '68 e i cambiamenti della società.

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Dentro di sé c’è la voglia di coinvolgere i giovani: nasce così il Movimento Shalom, che oggi conta qualcosa come 22.600 tesserati nel mondo e che – tanto per citare un evento recente – proprio lo scorso 13 ottobre ha portato allo stadio Castellani di Empoli diecimila persone per la partita di beneficenza tra cantanti e star della tv, raccogliendo 51.800 euro per raccogliere una perforatrice di pozzi per il Burkina Faso.

Un movimento nato per la promozione dei diritti civili nei paesi più poveri dell’Africa, il cui nome significa “Pace” in ebraico. E fu un’altra figura chiave della cristianità a indirizzare don Andrea: «Andammo a Calcutta, da Madre Teresa. Ci accolse e ci disse subito che dovevamo studiare l’inglese e che dovevamo aiutare “i più poveri tra i poveri”. Poi ci regalò una preghiera, che però è andata persa».

Don Andrea viene anche nominato “consultore del dicastero degli operatori sanitari” e così conosce Giovanni Paolo II, a cui racconta del suo movimento. A Papa Francesco, invece, regala un libro sulle opere di bene fatte in Africa. Dove, prossimamente, una delle nuove trivelle usate per scavare pozzi verrà chiamata “Franciscus”, proprio in onore del pontefice venuto “dalla fine del mondo”. Perché quelle trivelle, ad esempio in Burkina, fanno la differenza fra la vita e la morte: «Lì l’acqua in bottiglia ha costi esorbitanti, mentre noi la offriamo gratuitamente. In Africa si muore per sete e per fame e per questo è importante aiutarli a costruirsi un futuro, tramite istruzione e lavoro. Ci sono i nostri panifici, c’è l’università, i pozzi per dissetarsi: Shalom è un mondo speciale».


Che, ad esempio, ha fatto adottare a distanza circa 20. 000 bambini (mentre 150 sono stati adottati in Italia). Il segreto, probabilmente, è l’approccio multireligioso: ci sono cattolici, protestanti, non credenti, musulmani. Alcuni tratti sono simili al buddhismo e all’induismo, mentre c’è un forte dialogo con l’islam moderato “e gentile”, come lo definisce don Cristiani (che poche settimane fa è stato premiato con il Leone Rampante, il riconoscimento più importante della città di Fucecchio). «Chi entra in Shalom – chiosa – sa che avrà solo da dare e niente da guadagnare, se non lo stare bene nell’aiutare l’altro che soffre». –


 

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