Il Tirreno

Grosseto

«Qui la felicità è una cosa realizzabile»

«Qui la felicità è una cosa realizzabile»

Il vescovo Rodolfo Cetoloni spiega che cosa oggi rappresenta l’esperienza della comunità cattolica dei nomadelfi

25 aprile 2018
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GROSSETO. Se per una qualche imperscrutabile ragione, papa Francesco il 10 maggio non dovesse recarsi a Nomadelfia, «i frutti dell’annuncio della sua visita si sarebbero già raccolti». È il pensiero di Francesco di Nomadelfia, Francesco Matterazzo, presidente della Comunità cattolica.

Nomadelfia è un enclave spirituale a due passi della brulicante Grosseto; geograficamente vicine, a volte lontane: fosse anche solo per il fatto che il metronomo che scandisce la vita quotidiana sull’uno e sull’altro fronte batte ritmi un po’ sfalsati. L’arrivo del Papa, secondo Francesco di Nomadelfia, ha permesso di accorciare le distanze: a partire da quelle con la Diocesi e le parrocchie che non coincidono con la vita cittadina ma che ne rappresentano una realtà viva e importante: «La visita di papa Francesco – dice il presidente della comunità di Nomadelfia – ha già portato una rinnovata vicinanza con la Diocesi di Grosseto, un rinnovato incontro cresciuto molto e in poco tempo». Non solo. Forse papa Francesco neppure lo sa, ma il suo annunciato arrivo ha acceso persino un nuovo feeling tra i nomadelfi e il Movimento dei focolarini. Dopo aver lasciato Nomadelfia, il santo Padre si recherà a Loppiano, nella Diocesi di Fiesole, dove visiterà la Cittadella Internazionale del Movimento dei Focolari: «Abbiamo pensato – continua Francesco di Nomadelfia – che se il Papa ci aveva “messo insieme”, nello stesso giorno, era opportuno conoscerci meglio». Tant’è che la danza di una decina di minuti che in 114 tra nomadelfi e figli di Nomadelfia doneranno al Pontefice sul palco della Sala Don Zeno– per la regia di Anna Cianca, la sceneggiatura di Franca De Angelis, le coreografie di Sara Lewis e la collaborazione di Pierluigi Grison – è stata un po’ ispirata da un giovane focolarino. «Quella di papa Francesco – conclude Matterazzo – è una visita a due Cittadelle che testimoniano che la vita insieme e possibile. E può finanche portare gioia».

Se il Santo Padre ha deciso di recarsi a Nomadelfia – come fece quasi un trentennio fa il papa polacco Giovanni Paolo II – una ragione deve esserci. Prova a spiegarla, anche a chi magari la fede in Cristo non ce l’ha, don Ferdinando Neri, parroco in solidum di Nomadelfia. «Nomadelfia mette in risalto – dice – la “legge della fraternità” che porta nel suo nome»; e su di essa la storia della comunità mette l’accento non solo perché “i nomi portano con sé la conseguenza della cose” ma anche perché insegna e dimostra che «la legge della fraternità – continua don Ferdinando – si impara in famiglia, quella famiglia che oggi è piccola e stritolata e per questo delega all’esterno, alle strutture pubbliche, la risoluzione dei problemi». Non a caso, don Zeno, sacerdote di Carpi che venne persino imputato per bancarotta fraudolenta, tenuto a distanza dalle alte gerarchie ecclesiastiche, “dimenticato” dalla Democrazia Cristiana, volle creare persino un sistema d’istruzione in seno alla comunità: la Scuola Familiare.

«È bello e significativo – dice il vescovo Rodolfo Cetoloni – che il Papa venga a Nomadelfia poche settimane dopo aver pubblicato la sua esortazione sulla santità. Nomadelfia è un’esperienza di santità non perché chi vive qui è automaticamente santo, ma perché avverte che quella aspirazione originaria che è nel cuore dell’uomo, ovvero la felicità piena, a Nomadelfia può realizzarsi. La visita del Papa allora è un’occasione per confermare il valore e la perenne attualità del Vangelo, vissuto in fraternità, ma anche occasione provvidenziale per sfidare le nostre abitudini anche ecclesiali e – e qui il vescovo si rivolge proprio a tutti – le nostre pigrizie».

Giovanna Mezzana

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