Il Tirreno

Livorno

«Il fascismo “buono”? Mai esistito»

di Mauro Zucchelli
«Il fascismo “buono”? Mai esistito»

Lo storico Fulvetti alle cerimonie in Comune: 5.600 crimini di guerra, e in un caso su tre la colpa non era solo dei nazisti

26 aprile 2018
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LIVORNO. «L’atlante delle stragi nazifasciste mette in fila qualcosa come 5.600 crimini di guerra dall’estate del ’43 alla fine della guerra. In almeno un caso su tre c’è la responsabilità diretta di fascisti repubblichini, spesso al fianco dei nazisti ma non di rado per propria iniziativa». Anzi, nell’ultima fase nel Nord Italia «i crimini dei fascisti superano quelli dei nazisti». Parola di Gianluca Fulvetti, storico, ricercatore dell’università di Pisa, specialista proprio dell’analisi degli eccidi bellici nazifascisti: lo dice nella lezione che, introdotta da un breve intervento del sindaco Filippo Nogarin, Palazzo Civico mette al centro delle cerimonie ufficiali in un salone degli eventi solenne forse mai così pieno (anche se il corteo per le strade sembrava meno affollato di anni passati).

È con gli strumenti dello storico che Fulvetti fa a pezzi la favola del fascismo “buono” – e, di riflesso, del mito fasullo degli “italiani brava gente” – travolto dalla furia nazista: inutile dire che non stiamo parlando di 73 anni fa bensì di oggi, se è vero che salta fuori ogni tanto quest’idea che «il fascismo qualcosa di buono ha fatto» (finita a più riprese anche nel mirino del presidente Sergio Mattarella). Lo ripete mettendo in campo il concetto di “guerra civile”: nato a sinistra con i preziosi lavori di uno storico del calibro di Claudio Pavone, è stato poi fatto proprio dalla pubblicistica di destra e utilizzato per accreditare una sorta di equidistanza far due parti in guerra fra loro.

Fulvetti ha ben chiara la scelta di campo fra chi si batte per la libertà e chi difendeva la dittatura («che non era affatto soft»). Lo fa aprendo lo sguardo quanto più possibile per descrivere un ventaglio largo di posizioni e comportamenti che in mille modi dicono il loro altolà al regime fascista e ne erodono le basi di consenso. Ecco che si sofferma su don Andrea Vellutini che salva i bimbi dell’orfanotrofio ebraico dalla deportazione o sulla folla di militari internati che si rifiutano di giurare fedeltà al Reich («a costo di pagare il prezzo della deportazione, uno su 10 di loro morirà»).

Non è tutto. Fulvetti nega che la persecuzione anti-ebraica sia stata all’acqua di rose e solo un riflesso sbiadito di quel che in Germania faceva il nazismo: la macchina della deportazione funzionava, eccome.

Ma lo storico mette l’accento anche su un altro aspetto: quello della sofferenza delle popolazioni. Ed è qui che punta il dito contro la dottrina militare del bombardamento strategico ideata da un alto ufficiale italiano: nasce – afferma – dopo lo choc del pesantissimo costo di soldati morti nelle trincee del primo conflitto mondiale con la “guerra di posizione” ma per mettere in ginocchio la resistenza nemica con il predominio dell’aviazione teorizza l’uso dei bombardamenti-strage (come a Dresda). Ecco che lo studioso ricorda cosa questo ha significato in termini di spostamento del peso della guerra sui civili: anche la nostra città ha conosciuto bombardamenti massicci e tanti morti. Con una domanda neanche poi tanto implicita da parte di Fulvetti: sconfiggere i nazisti era fondamentale, ma quel gran numero di morti causati dai bombardamenti era proprio necessario?

Il prezzo del dolore – a cominciare da quello di chi ha avuto un proprio caro fra i partigiani morti per la libertà – è stato al centro della breve riflessione del sindaco Nogarin in apertura della celebrazione “laica” nella sala delle cerimonie di Palazzo Civico. L’ha ribadito ringraziando l’associazione dei partigiani (Anpi) per «l’impegno quotidiano» e ha messo in guardia «contro i rigurgiti di xenofobia che stanno attraversando l’Europa».

Prima di arrivare a Palazzo Civico, il corteo di rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni resistenziali aveva reso omaggio al monumento ai caduti in piazza Magenta e al bassorilievo del Partigiano.

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