Il Tirreno

Livorno

Un’equipe cerca in fondo al mare i resti di 17 soldati scomparsi in guerra

Andrea Capitani
Alcuni sub dell’equipe Project Recover di Bent Prop accanto a un relitto di aereo da guerra ritrovato in mare
Alcuni sub dell’equipe Project Recover di Bent Prop accanto a un relitto di aereo da guerra ritrovato in mare

Il progetto americano Bent Prop opera ora all’Argentario per localizzare quattro aerei Usa della seconda guerra mondiale

01 ottobre 2018
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PORTO SANTO STEFANO. Cercano aerei scomparsi in giro per il mondo, per restituire al popolo americano le spoglie dei soldati caduti in guerra, rimasti imprigionati nei relitti. Missing in action, ovunque essi siano.

Una missione per il Project Recover di Bent Prop, progetto statunitense sbarcato anche all’Argentario, uno dei tanti bersagli dei raid alleati di oltre settanta anni fa. Un’équipe di 14 persone ad altissima specializzazione: sommozzatori, archeologi marini, altri esperti. Volontari specialisti addestrati e professionisti, ciascuno con competenze essenziali (storia, aviazione, immersioni, navigazione) che si dedicano a localizzare e assistere nell’individuazione dei prigionieri di guerra americani e dei dispersi in azione in tutto il pianeta.



Tutti dotati di strumenti sofisticati, alla ricerca dei resti di quattro aeroplani scomparsi nelle acque circostanti l’Argentario durante la seconda guerra mondiale: un A-20 Havoc, un B-25 Mitchell, un B-26 Marauder e un B-24 Liberator. Diciassette, complessivamente, gli uomini che componevano gli equipaggi e di cui Bent Prop spera di poter ritrovare i resti.

Fonti militari del ministero della difesa americano hanno messo a disposizione i dati sulla posizione presunta dei relitti. Il lavoro vero arriva poi sul campo, o meglio in acqua, quando si tratta di localizzare con precisione i relitti, a distanza di così tanto tempo, a profondità spesso considerevoli. E così vengono di aiuto le testimonianze locali, quelle dei pescatori in primo luogo. E poi quello degli appassionati di storia locale.

Così è stato imprescindibile un passaggio con il centro studi don Pietro Fanciulli di Porto Santo Stefano. Ma sui luoghi in cui riposano le carlinghe degli ex giganti dell’aria c’è assoluto riserbo. Il presidente Patrick Scannon, che è presente all’Argentario e che coordina i lavori, ha imposto - in questo come in tutti gli altri casi simili - la regola del silenzio. Del resto, i lavori sono a buon punto.

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Il presidente fa sapere che l’obiettivo è quello di poter tornare alla fine di ottobre negli Stati Uniti con informazioni e altre evidenze sulle localizzazioni. Non sarà infatti Bent Prop a recuperare direttamente i velivoli: il compito è demandato alle istituzioni americane e solo a quel punto sarà possibile restituire alle famiglie i loro cari, solo a quel punto sarà possibile celebrare i funerali di Stato, come è dovuto ai militari morti in missione, come è avvenuto in casi analoghi. In passato sono stati infatti recuperati resti in Indonesia, ad esempio.

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Project Recover potrebbe a breve spostarsi anche in Sicilia, dove sarebbero numerosi gli aerei dispersi in mare. L’obiettivo, all’Argentario come ovunque nel mondo, è quello di rimpatriare i membri dei servizi militari americani che non sono tornati a casa, ma anche fornire informazioni alle famiglie dei soldati scomparsi, oltre che fornire una piattaforma per educare sull’importanza del servizio al proprio paese e fornire opportunità educative sulla scienza, la storia, la leadership e la diplomazia, specialmente ad un pubblico di studenti selezionati e impegnati in collaborazione con il progetto.

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I luoghi scelti vengono comunque stabiliti in base ad una lista in mano alle autorità militari, che individuano i punti più sicuri nei quali potrebbero trovarsi dei velivoli scomparsi. Nelle acque italiane, si troverebbero ben 410 aeroplani da guerra caduti durante il conflitto mondiale.

La decisione di intervenire anche nelle acque dell’Argentario è invece arrivata circa un anno fa, mentre la scorsa settimana i membri dell’équipe hanno tenuto una conferenza a Porto Santo Stefano dove hanno spiegato il loro lavoro nelle acque del promontorio. Sono stati poi ospiti nella villa di Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli.

 

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