Il Tirreno

Livorno

«Matteo pensa a poveri e lavoro»: l’ex Pci a Roma sui bus della Lega

Mario Neri
I neo tesserati Alessia Acchioni e Jonathan Noccioli
I neo tesserati Alessia Acchioni e Jonathan Noccioli

Il pellegrinaggio dei toscani in piazza del Popolo al Lega-day. La zarina Ceccardi dà forfait a causa della febbre 

09 dicembre 2018
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ROMA. Le bandiere, i gadget, lo striscione a sorpresa, le pettorine per i militanti meno esperti che nella folla di Roma potrebbero perdersi. Tutto definito, pianificato. Ma che lei sarebbe mancata chi se lo aspettava, Susanna Ceccardi non verrà. Niente bagno di folla in piazza del Popolo per la sindaca di Cascina e consigliera del leader alla vigilia delle Europee sovraniste di cui lei vorrebbe farsi bandiera. Febbre a 40, inchiodata a letto. «Non sapete quanto mi dispiace», risuona la voce nasale della commissaria sul pullman più leghista di Toscana.

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Così sarà perché il bus è partito dalla Metro di Ospedaletto alle 5, sarà che ciondola sulla A1 da almeno due ore e altro che cori per Matteo: qui il sovranismo russa di gusto, ma nei sedili sul retro scatta il barzelletta-time. Con soggetto standard: i neri. Per risollevare gli animi, la prima è col botto. Attacca uno dai sedili sul retro: «C’è la Ceccardi che cammina sulla strada fra i campi di Cascina e vede un nero che mangia l’erba.  - Perché mangi l’erba? - Perché io essere richiedente asilo, sgappo dalla guerra e non ho niente da mangiare! - No, davvero? - Anche mia moglie e mio filio mangiare erba - Nooo, vieni a casa mia, si fa pietosa Susanna - Grazie signora, lei donna di cuore - Tranquillo, nel giardino ho l’erba alta così...». Risate, altre due o tre guasconate così e la truppa sembra essersi ripresa dallo smarrimento per la defezione della leonessa.

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Il fatto è che non tutti sono avvezzi. L’euforia salviniana ha convinto a salire a bordo anche gente che Andrea Barabotti, responsabile organizzazione del partito regionale, uomo macchina di numeri e tessere, neppure conosce. Così sul bus con i militanti di Cascina, Pisa, Pontedera, San Miniato, Santa Croce, uno dei 25 partiti da tutta la regione, c’è anche Leonardo Noccioli, 48 anni, dipendente di un mercato ortofrutticolo, un passato a sinistra: «Sì, votavo Pci e pure Renzi, ma come si fa ormai a fidarsi di lui. L’ultima volta ho dato fiducia a Salvini. Mi ritrovo in tutto quello che dice, pensa alla povera gente, al lavoro, a diminuire le tasse alle imprese e a stoppare l’immigrazione. Ma non voglio avere i paraocchi, se tradisce le attese mollo anche lui». Leonardo è con tutta la famiglia: la moglie, Angelica Benigni, viareggina, parecchio più convinta di lui, la figlia 17enne e il figlio più grande.

Jonathan, 21 anni, personal trainer, studente universitario di scienze motorie, corpo e idee muscolari dal 2016. «Ho sentito parlare Matteo ed è scoccata la scintilla». Per la fidanzata, Alessia Acchioni, studentessa di farmacia, è stata una specie di agnizione: «Mi ci sono specchiata, dice quello che penso. Prima gli italiani, il bene della patria». Loro non sono iscritti, «anzi no, lo siamo. Perché io e Jonathan l’abbiamo fatta qui, in piazza, la tessera», dice mentre sul palco scorrono i ministri e nelle pause la musica: “Un mondo migliore” di Vasco o le note natalizie di Mariah Carey. Insomma in Piazza del Popolo c’è un popolo nuovo. «A fine anno chiudiamo il tesseramento a 5500, Susanna ha preso il partito a 3000», dice Barabotti.

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Che in effetti ogni tanto uno si chiede se questa sia la festa della Lega e di Salvini o un evento all’Unieuro. Ma in piazza lo spirito è un po’ quello, il neoleghismo è trasversale, ruspismo sì ma moderato. Non a caso il capo di questa nuova e grande tribù dei 100mila cita De Gasperi, mica Orban o Trump. Il segretario ha abbandonato lo sproloquio, non flirta più con le teste rasate di Casapound che a primavera scesero dal Pincio, perfino la retorica del sovraniosmo non è più quella dura e pura, ma annaffiata da dosi massicce di buonsensismo. «Buonsenso», insieme ad «Italia rialza la testa», è la scritta gigante che si staglia dal palco. Basta guardarla la curva dei 1.200 toscani. Certo, sventolano bandiere della Repubblica pisana o quella del Granducato. Ma in piazza c’è una Lega diversa. Famiglie in gita, non certo truppe di un partito che marcia su Roma e uno Stato da ripudiare. Alessandro Gennai, medico e presidente del consiglio comunale a Pisa, gonfia il petto quando il capo dal palco elenca le parole d’ordine: «Dignità, regole, disciplina, crocifisso, famiglia, Italia».

«Non servono fuochi d’artificio, ma buoni amministratori e noi li abbiamo», dice Barabotti. Tant’è che il vicepremier ha voluto sul palco i sindaci. Sorride Michele Conti di Pisa; a casa rosica la Ceccardi, di cui fra i toscani gira un cartone che riproduce una pagina Facebook per il selfie con il suo ologramma e quello del Capitano. Per tutto il giorno così twitta e posta: «Mannaggia, mi toccherà il banner con la Boldrini e la Lucarelli». Lei non c’era.

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Poi, certo, non manca lo sfottò. E ci hanno marchiato lo striscione di testa: “La Toscana sta con il Matteo giusto”. Ovvio, c’è anhce una versione strong anche fra i nuovi. Gianna Gambaccini, neurologa e assessora reclutata pochi mesi dopo una fugace esperienza nel Pd che rivendica essere stata «brevissima»: «Mi ha fatto schifo». E c’è pure Augusto Casali, giovane lucchese. Impugna la bandiera del Kekistan, «la nazione immaginaria dei troll del sovranismo», dice lui, un po’ fascioleghista sostengono i detrattori che a Milano costrinsero Salvini a occuparsene. « Ma no, è solo una parodia per i media che ci accusano di essere neonazisti. Noi non crediamo ad alcuna forma di stato totalitario». Pur essendo amministratore di una pagina che si chiama Dio Imperatore Salvini. Anche quella una parodia. Sia mai.
 

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