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Il livornese che con Tesei inventò i “maiali” La storia dell’ingegnere Gustavo Stefanini

Gian Ugo Berti
Il livornese che con Tesei inventò i “maiali” La storia dell’ingegnere Gustavo Stefanini

Progettò la strategia dei leggendari siluri, fu fatto prigioniero e dopo la guerra divenne direttore dell’Oto Melara a La Spezia

07 ottobre 2018
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Gian Ugo Berti

Immaginare di attaccare una nave da guerra nemica, seduto a cavalcioni di un siluro, oggi nell’epoca dei missili intercontinentali è follia. Eppure, durante la seconda guerra mondiale, un gruppo di ufficiali della Marina Militare compì gesta eroiche, diventando vere e proprie leggende della marineria. Un “mondo” anche livornese.

Gustavo Stefanini, livornese nato e cresciuto nel quartiere di Fiorentina, scomparso quasi trent’anni fa, è tra gli inventori dei “maiali”, siluri "a lenta corsa", guidati a cavalcioni e lanciati contro le navi inglesi, dei sommergibili tascabili.

I “maiali” erano infatti sommergibile tascabile di forma simile a un siluro, adatto a trasportare, a bassa velocità, due operatori muniti di respiratori subacquei autonomi e una carica esplosiva da applicare occultamente alla carena della nave avversaria all'ormeggio.

Quasi tutti quegli uomini morirono o, come accadde a Stefanini e pochi altri, furono fatti prigionieri. Meno noto di Teseo Tesei (ufficiale del Genio e nedaglia d’oro alla memoria), fece parte del gruppo che, sul fiume Serchio, nella tenuta dei duchi Salviati, a San Rossore, ideò alla fine degli anni Trenta questa strategia.

Famiglia livornese con lo zio Giuseppe rettore del Seminario, il padre Francesco, proprietario dell'Azienda Tranviaria belga di Livorno, il fratello Giovanni, attivista cattolico. La madre, Adele Mors, figlia del bavarese Gustavo, fondatore della Bottega d'Arte di Livorno. Infine lui, liceo classico, Accademia Navale e ingegnere meccanico al Politecnico di Torino. Fu un preveggente: l'impotenza dell’ industria aeronautica e navale, incapace di costruzioni serializzate. Con poche corrazzate e incrociatori pesanti, senza portaerei, si sarebbe fatto poco o niente.

Da qui, i "motoscafi siluranti". Nel conflitto, è uno dei tre "capi apparecchio" nell'operazione GA-2 contro la base di Alessandria d'Egitto. L'azione si concluderà con la perdita del sommergibile Gondar e la cattura di Stefanini, il 26 marzo, 1941. Seguirà la prigionia in India nei campi di concentramento inglesi e il ritorno nel 1946.

Ma la fama d'innovatore, Gustavo l'ha dirigendo l'Oto - Melara a La Spezia, società leader nell'industria civile e militare. Un periodo di oltre 15 anni, in cui l'azienda toccò i massimi vertici della qualità produttiva.

Nel 1988, Stefanini rese omaggio al Campo degli Eroi di Casciana Terme (ora sede della Fondazione Berti) davanti al monumento dei "Mezzi d'assalto". Fu in occasione della visita del Comandante Generale l'Arma dei Carabinieri, Alberto Jucci. Successivamente, nel 1992, a pochi mesi dalla scomparsa, l'onorevole Gianfranco Merli ed il giornalista parlamentare Angiolo Berti ne misero in risalto la figura anche attraverso un opuscolo, "Ricordando Gustavo".

Berti definì Stefanini un "personaggio", come anima e carattere della vecchia Livorno e uomo dei mezzi d'assalto.

« Veniva dal mondo labronico, fatto di gente alla buona e che, pur avendo frequentato l'Accademia dove i cosiddetti signorini erano di casa, preferiva operare come uno qualunque, senza dare importanza a gradi e carriera».

Si sentì solo un tecnico. «Si combatteva senza odiare”. Quel giorno, al Campo degli Eroi, disse: «Spiritualmente vorrei seppellirmi qui, accanto alla lapide che ricorda Teseo Tesei».



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