Il Tirreno

PIANETA ESCAVAZIONE

«Alle cave un infortunio ogni due giorni»

«Alle cave un infortunio ogni due giorni»

L’analisi del Centro documentazione sui conflitti ambientali: «Negli ultimi dieci anni, 11 morti e 1258 incidenti sul lavoro»

04 ottobre 2017
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CARRARA. «Dal punto di vista ambientale, l'aumento dell’attività di estrazione e l’utilizzo di nuove tecniche di lavorazione hanno avuto un impatto devastante sul territorio apuano, portando alla distruzione del paesaggio e di interi crinali montani, all’instabilità idrogeologica con l’aumento delle alluvioni e, soprattutto, all’inquinamento delle acque, sia superficiali per la presenza della “marmettola” (polvere derivata dal taglio del marmo), sia dell’acquifero a causa della presenza di idrocarburi usati per i macchinari che, in un territorio geologicamente carsico, mette a repentaglio l’approvvigionamento di acqua per gran parte della popolazione». Così le criticità ambientali legate all’estrazione del marmo sono “mappate” nell’Atlante italiano pubblicato sul sito web del Centro di documentazione sui conflitti ambientali (Cdca), che si occupa di ricerca, informazione, formazione e documentazione sui modelli di gestione delle risorse naturali e sui loro impatti in termini di conflitti e giustizia ambientale.

All’interno dell’Atlante, coordinato dall’equipe di ricerca del Cdca e realizzato insieme a ricercatori, dipartimenti universitari, attivisti e rappresentanti delle organizzazioni territoriali, sono inserite le schede descrittive di oltre 100 tra le principali vertenze ambientali italiane, dal Vajont alla Terra dei fuochi, dalla Val di Susa a Taranto. Uno strumento di mappatura partecipata, dunque, a cui possono contribuire tutti, inserendo nuove schede di conflitto ed aggiornamenti su casi già presentati. Per la Toscana i conflitti ambientali censiti sono 8 ed uno di essi riguarda “La distruzione delle Alpi Apuane a causa dell’estrazione del marmo”. Gli autori della scheda dedicata alla nostra provincia sono Myriam Bartolucci, ricercatrice tirocinante nel progetto Atlante globale di giustizia ambientale (Ejatlas), ospitato anch’esso sul sito del Cdca ed Eros Tetti, portavoce del comitato “Salviamo le Apuane”. Negli ultimi anni -scrivono- il settore lapideo apuano «è stato molto criticato, sia perché è diventato sempre più impattante a livello ambientale, sia perché, a causa delle dislocazioni della lavorazione del marmo in paesi con costi di produzione più contenuti, le ricadute economiche di questa attività, a livello locale, non sono più così ingenti. (…) Nel 2017 la distruzione è continuata anche a causa delle infrastrutture di collegamento tra le cave e altri processi di estrazione e lavorazione».

Tra gli impatti ambientali “visibili” della lavorazione delle cave, Bartolucci e Tetti ricordano la «perdita di biodiversità, inondazioni, insicurezza alimentare/danni alle produzioni agricole, degradazione paesaggistica, inquinamento acustico, contaminazione dei suoli, contaminazione delle acque di superficie e peggioramento della qualità dell'acqua, contaminazione delle falde acquifere/riduzione dei bacini idrici, impatti sul sistema idrogeologico, riduzione della resilienza ecologica/ idrogeologica, sversamenti di residui di lavorazione delle attività minerarie, deforestazione/perdita di aree verdi o vegetazione». L’inquinamento atmosferico viene invece considerato un impatto “potenziale”. L’Atlante si sofferma anche sulle conseguenze dell’attività estrattiva sulla sicurezza del lavoro in cava, riportando un dato che risalta subito per la sua drammaticità: «Al netto, negli ultimi dieci anni nelle cave di Carrara ci sono stati 11 morti, 1.258 gli infortuni dal 2005 ad oggi. Considerato che le giornate lavorative sono circa 250 l'anno, il conto è di un infortunio ogni due giorni».

Tra gli altri impatti “visibili” sulla salute figurano “malattie professionali” e “scottature” sulla pelle dei lavoratori, “soprattutto nella stagione estiva, causate dal riflesso del bianco marmoreo”, mentre “problemi mentali (compresi stress, depressione e suicidi)” sono ritenuti “potenziali”. Alla voce “impatti socio economici” sono indicati come “visibili” “aumento della corruzione/cooptazione dei diversi attori coinvolti, mancanza di sicurezza sul lavoro, assenteismo al lavoro, licenziamenti disoccupazione, espropri di terreni, deterioramento del paesaggio”. “Potenziali”, invece, la “perdita di tradizioni/saperi/pratiche/identità culturale, aumento dei problemi sociali (alcolismo, prostituzione, etc)”. Da parte del Cdca, dunque, un duro atto d’accusa contro gli scempi ambientali e i rischi per la sicurezza sul lavoro nei bacini marmiferi, che pare ricollegarsi a quanto riferito dal procuratore capo Aldo Giubilaro alla commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti in merito al “far west” che regnerebbe alle cave.

David Chiappuella

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