Il Tirreno

Sgominata la banda che rubava nelle case: tre in cella, una ai domiciliari, due in fuga

Danilo D'Anna
Sgominata la banda che rubava nelle case: tre in cella, una ai domiciliari, due in fuga

I carabinieri li hanno presi dopo un anno di indagini: sono tutti rumeni. Un apuano gli diceva dove dovevano colpire

30 agosto 2018
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MASSA. Sgominata la banda che rubava nelle case dei massesi: sono almeno trenta i colpi messi a segno che portano la loro firma. Più altri, con identico modus operandi, che sono ancora oggetto di accertamenti. Tre malviventi sono finiti in carcere, una donna è agli arresti domiciliari e due invece hanno evitato le manette perché si trovano in Romania (nei loro confronti il sostituto procuratore Roberta Moramarco ha chiesto un mandato di arresto europeo).

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Paese d’origine della gang. Tutti romeni, a eccezione di un settimo soggetto, apuano, che evidentemente forniva le informazioni logistiche a chi poi entrava negli appartamenti scassinando porte e finestre. Per lui il gip Alessandro Trinci ha disposto il divieto di dimora nella provincia di Massa-Carrara (il pm voleva i domiciliari).

L’indagine nel nucleo investigativo dei carabinieri parte da lontano. Gli uomini del tenente colonnello Tiziano Marchi ci hanno lavorato giorno e notte - e per questo si sono meritati l’elogio pubblico del procuratore capo Aldo Giubilaro - per più di un anno: dal febbraio del 2017 al marzo del 2018, quando hanno arrestato in flagranza di reato due cittadini romeni (che si aggiungo a quelli colpiti ieri dalle ordinanze di custodia cautelare) che stavano depredando (da qui il nome dell’operazione dell’Arma, Predator) una villa sulle alture massesi.

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Nell’immobile c’era un vero e proprio tesoro, proprio come aveva indicato il basista (che poi è l’apuano finito nei guai). La coppia, talmente tanta era la roba da portare via, ha fatto più viaggi; piatti d’argento, pietre preziose da incastonare e ori però sono rimasti al loro posto perché al cancello della residenza i topi di appartamento hanno trovato i carabinieri del nucleo investigativo. Li stavano pedinando e non se ne erano resi conto. Arrestati e portati in carcere. Senza rendere pubblica la cosa perché l’indagine doveva andare avanti.

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I militari, lavorando sotto traccia, hanno trovato anche il covo dove la banda stoccava la refurtiva. E il materiale che ricettava, intersecandosi anche con un’altra gang, quella dei Cretu, sgominata mesi fa, ma dedita allo sfruttamento della prostituzione e quindi non rivale ma amica. Del resto tutti provenivano dalla stesso distretto, quello di Dolj. I soliti ignoti come i connazionali sfruttatori utilizzavano i proventi dei reati per arricchirsi, acquistando un appartamento in centro che stavano ristrutturando per renderlo più bello. I materiali se li sono andati a prendere direttamente dai grossisti, rubando piastrelle, sanitari e termosifoni.

Non hanno avuto il tempo sennò avrebbero portato via anche la tinta per imbiancare. Si credevano invincibili, invece avevano il fiato sul collo del comandante Marchi e dei suoi ragazzi, che, oltre a recuperare la refurtiva, l’hanno pure inventariata. E in parte restituita. «Restano ancora parecchie cose che non sappiamo a chi appartengono, per questo chi è stato vittima di furto si faccia avanti», ha chiosato il comandante provinciale dell’Arma, tenente colonnello Massimo Rosati.

 

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