Il Tirreno

Una piazza porterà il nome di Garibaldo

di Annalisa Mastellone
Una piazza porterà il nome di Garibaldo

Capo partigiano e più volte imprigionato, fu anche allontanato da Campiglia. Il 25 giugno la cerimonia di intitolazione

21 giugno 2018
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CAMPIGLIA. Una piazza porterà il nome di Garibaldo Benifei. L’attuale piazza Dogali sarà intitolata a un concittadino, discendente da una famiglia campigliese di tradizioni repubblicane e democratiche, antifascista, socio della Pubblica assistenza, membro e attivista nei Comitati di liberazione nazionale di Livorno e Pisa e nella lotta partigiana per la liberazione del Paese.

Questa la premessa con cui la giunta ha deciso di rendere omaggio a Benifei: nel 74esimo della Liberazione, lunedì 25 giugno, in sala consiliare ci sarà una cerimonia e lo scoprimento della targa che darà il suo nome alla piazza che si trova nei pressi del Municipio, a Campiglia.

Garibaldo è nato a Campiglia Marittima il 31 gennaio 1912, ultimo di numerosi figli. La famiglia abitava in via Cavour, e per la sua vocazione socialista e democratica, in contrasto con l’avanzare dell’ideologia fascista, nel luglio 1922 fu intimata da un messo comunale a lasciare il paese entro 3 giorni. Garibaldo aveva appena 10 anni, e si trasferirono a Livorno. A 12 anni interruppe gli studi per lavorare, mentre cominciava a formarsi la sua avversione al fascismo. Nel ’26 divenne socio della Pubblica assistenza Svs, militando nella sezione giovanile fino al suo scioglimento nel ’27. Il suo impegno, per lo più clandestino, divenne sempre più intenso, entrando nelle cellule del Partito comunista, coi compiti di staffetta e volantinaggio. Nel ’33 fu arrestato, picchiato e poi processato a Roma dove fu condannato a un anno per il reato di propaganda comunista. Dal “Regina coeli” fu trasferito al carcere dei “Domenicani” di Livorno, e, anche se in isolamento, ebbe fugaci incontri con Sandro Pertini lì recluso. Una volta libero, continuò la sua lotta al fascismo. Nell’autunno del ’39, per volantinaggio contro la guerra che sembrava imminente, fu di nuovo arrestato, e condannato a 7 anni da scontare nel carcere di Castel Franco in Emilia. Fuori nel ’43 dopo la caduta del regime torna a Livorno, poi raggiunge quel che restava della sua famiglia “sfollata” nella campagna pisana, ma continuò a tornare in città per organizzare insieme ad altri partiti la resistenza e la propaganda politica. Fu allora che si costituirono i Comitati di Liberazione Nazionale e Garibaldo fu incaricato di tenere i contatti tra i vari comitati della provincia di Livorno e di Pisa. Dai Cnl si passò poi a una struttura anche armata detta Brigata interprovinciale Garibaldina, di cui fu nominato vicecommissario politico. Questo momento segna anche la sua partecipazione alla lotta armata, la lotta partigiana, per la liberazione del nostro paese.

Dopo il 4 luglio del ’44, si dette da fare per la ricostruzione del Paese, e partecipò attivamente alle azioni politiche volte a riportare la democrazia. Nell’estate conobbe Osmana, la sposerà a gennaio del ’45 e passeranno insieme 70 anni di amore, lotta politica e impegno sociale. Si dedicò all’organizzazione del movimento cooperativo; contribuì alla costituzione del servizio di Pubblica assistenza con medico per le urgenze a Livorno, fu presidente dell’Ente comunale di assistenza, si è impegnato per i bambini saharavi. Gli hanno affidato la presidenza onoraria dell’Istituto storico della Resistenza e della Società Contemporanea. Gli ultimi anni della sua vita lo hanno visto impegnato a trasmettere i valori della democrazia e dell’antifascismo alle giovani generazioni attraverso la memoria e la testimonianza. E ha sempre sfruttato ogni occasione per tornare nella sua indimenticata Campiglia. Garibaldo è morto il 24 aprile 2015 a 103 anni.

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