Il Tirreno

Pisa

Isis: la Cassazione conferma gli arresti dei tunisini “pisani”

Pietro Barghigiani
Miliziani dell'Isis (foto d'archivio)
Miliziani dell'Isis (foto d'archivio)

Rigettato il ricorso. L’accusa: sostengono il terrorismo. Sono già in cella al Don Bosco per aver violato i domiciliari

24 febbraio 2018
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PISA. La sentenza della Cassazione arriva poco dopo le nove e mezzo della serata di venerdì. Il ricorso delle difese dei tunisini accusati di sostenere la causa dell’Isis va respinto. Tradotto: la mattina di sabato 24 febbraio è stato eseguito dai carabinieri del Ros l’ordine dall’arresto chiesto dalla Procura di Torino, respinto dal gip e approvato dal Tribunale del Riesame del capoluogo piemontese.

I tre destinatari, due dei quali “pisani” di residenza, sono in carcere da qualche giorno con l’accusa di aver violato gli arresti domiciliari dove si trovavano per condanne legate allo spaccio. In mattinata era stato l’avvocato Massimo Parenti a discutere il ricorso per chiedere l’annullamento dell’ordinanza del Riesame di Torino che voleva cinque tunisini in carcere per l’appoggio dato alla causa dell’Isis. Uno era ai domiciliari in provincia di Varese, un altro libero, uno espulso da Pisa nell’agosto 2016 e rientrato nel suo Paese e due agli arresti in casa nella nostra città.

Per l’accusa era attiva una cellula Isis sull’asse Torino-Pisa. E a farne parte con un’adesione più che ideale erano Nafaa Afli, 26 anni, Marwen Ben Saad, 30 anni, e Bilel Mejri, 26 anni. Ben Saad e Mejeri sono al Don Bosco. Afli è stato trasferito nel carcere di Varese. I tre sono difesi dagli avvocati Massimo Parenti e Sara Baldini. Erano ai domiciliari per effetto di un patteggiamento a ottobre per spaccio di droga a 3 anni e 7 mesi. Nelle cinque misure di custodia in cella figura anche il nome Bilel Chihaoui, 27 anni, espulso dall’Italia il 19 agosto 2016 dopo il fermo avvenuto nei boschi del Biscottino per aver scritto su Facebook: «Mi farò martire a Pisa».

Poco dopo furono fermati anche Naafa Afli e Mejri Bilel, assidui nella frequentazione delle piazze torinesi e pisane, soprattutto dello spaccio. Uno dei cinque, come sottolinea il Tribunale del Riesame, «era pronto a compiere un’azione terroristica sul territorio» italiano. Altri due nordafricani, monitorati nella fase iniziale delle indagini, sono nel frattempo deceduti in Siria combattendo come foreign fighters. Tutti i tunisini erano giunti a Torino nel 2014 e avevano ottenuto permessi di soggiorno per motivi di studio: avevano falsamente dichiarato di essere iscritti all’università e di aver superato anche alcuni esami.

Poi si erano spostati a Pisa, dove avevano creato una centrale dello spaccio di droga. Il Riesame evidenzia «la manifesta ed espressa adesione alla ideologia della jihad estremista e violenta» da parte dei tunisini, la loro «diretta partecipazione a comizi con militanti combattenti, l’assistenza legale ed economica a sodali arrestati, il sostegno e l’adesione alla partenza per le zone di guerra da parte di alcuni, l’omaggio rituale ai martiri in seguito al loro decesso». Elementi, questi, che indicano non solo «una mera adesione psicologica alla ideologia jihadista», ma anche la «creazione di una cellula estremistica islamica, di cui alcuni sodali sono partiti per le zone di guerra in Siria per combattere nelle fila dell’Isis, mentre uno era pronto a compiere un’azione terroristica sul territorio». A giorni riceveranno in carcere l’ordine di arresto per terrorismo.
 

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