Il Tirreno

Pisa

il ristorante della discordia 

«Non sono un razzista ma quel locale causa caos»

CRISTIANO MARCACCI

La replica al titolare di “Sapori d’Africa e toscani”: carabinieri e polizia  non intervengono, ogni sera fino a tardi schiamazzi e spaccio di stupefacenti

24 agosto 2018
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pisa

«Ho scoperto di essere un razzista leggendo Il Tirreno. Io, che do lavoro e ospitalità agli immigrati».

Ci vuol mettere la faccia il cittadino di via Quarantola, accusato (senza fare il nome) dal titolare del ristorante “Sapori d’Africa e toscani”, aperto da poco più di due mesi.

«L’altra sera – ha denunciato Nicola Tamburiello, di Certaldo, sposato con una donna senegalese – quell’uomo ha addirittura lanciato contro due giovani di colore sassi e pezzi di vetro. Qui noi stiamo bene, abbiamo trovato una valida occasione per lavorare, ma questa persona che minaccia e insulta tutti gli africani ci sta facendo perdere la clientela. Non è giusto».

Dopo aver letto certe dichiarazioni, in cui evidentemente si è riconosciuto, il presunto xenofobo ha raggiunto immediatamente la redazione pisana de Il Tirreno e ha voluto rendere pubblica la propria versione dei fatti. Lui è Attilio Bonatti, titolare di un pub nel centro cittadino, e lo scorso 14 agosto aveva già presentato un esposto alla polizia municipale per segnalare gli schiamazzi e lo spaccio di sostanze stupefacenti che avverrebbero fino a tardi nel giardino antistante il ristorante. «È strabiliante – dice – sentirmi accusare di razzismo. Il signor Tamburiello ha una figlia di 5 anni che sistematicamente frequenta casa mia e, a volte, va in giro per Pisa con il sottoscritto (e non è bianca). In più di una occasione abbiamo comprato cibo al suo ristorante servitoci dalla moglie per consumarlo poi in casa nostra (esistono gli scontrini). Circa un mese fa ho passeggiato con lui per spiegargli che i clienti esagerano con il fracasso fuori dal locale fino a tarda notte e che era compito suo invitarli, anche se all’esterno, ad abbassare i toni o ad allontanarsi».

Bonatti se la prende soprattutto per le frasi che gli sono state attribuite dal titolare del ristorante. «Secondo quanto ho letto avrei urlato “Senegalese di m...a”, ed invece ho scoperto solo dal giornale che quei giovani sono del Senegal. Per me erano solo africani (se il termine “africano” non è troppo razzista, perché nel caso lo sarebbero anche i termini “europeo” ed “asiatico”). Se hanno chiamato più volte la polizia perché sono “solito” lanciare oggetti ed insultare, ci sarà ben traccia di queste denunce ed interventi. Giusto? Se una persona si comporta da maleducato o da criminale a me non interessa il colore della pelle, mi interessa ciò che fa».

Bonatti afferma di essere stato più volte lui a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. «Sul mio telefono – continua l’imprenditore – si possono vedere tutte le chiamate a carabinieri e polizia affinché venissero. Tutte richieste disattese, naturalmente. Una copia delle chiamate è stata consegnata alle autorità. E poi: dove sono finiti i “corpi del reato” con cui avrei ferito i giovani senegalesi? Non c’era un solo piccolo coccio di vetro in un chilometro quadrato e gli agenti che hanno eseguito un sopralluogo stamani (ieri mattina per chi legge, ndr) lo hanno verificato con i loro occhi. La mia storia parla per me e il caso, per quanto mi riguarda, finisce qui». —

CRISTIANO MARCACCI

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