«Non è razzismo abbiamo paura» I residenti vanno dal sindaco Tomasi
Incontro ieri mattina in Comune dopo che domenica sera in via S. Maria Maggiore sono intervenute le forze dell’ordine per una festa fuori controllo
PISTOIA
«Non siamo razzisti. Ma abbiamo paura». Lo hanno ribadito domenica sera, dopo aver chiamato le forze dell’ordine. E lo hanno ripetuto ieri mattina al sindaco durante l’incontro che hanno avuto con lui in palazzo comunale i cinque residenti di Vicofaro. Che in rappresentanza dei 190 firmatari, hanno rappresentato al primo cittadino la situazione illustrata già nella petizione protocollata in comune la scorsa settimana: una situazione definita ormai ingestibile ed insostenibile, a causa dei tanti, troppi giovani profughi che, a qualunque ora del giorno e della notte, continuano a gravitare attorno alla parrocchia di don Massimo Biancalani, nonostante l’ordinanza di sgombero per questioni di incolumità un mese fa.
Gli abitanti di via Santa Maria Maggiore e zone limitrofe ci tengono a sottolinearlo ogni volta: il razzismo non centra, ma si tratta semplicemente di numeri troppo elevati e mancanza di controllo e di educazione. Come nel caso di domenica sera, quando si sono trovati a dover chiamare le forze dell’ordine a causa di una festa di compleanno di un giovane profugo organizzata nella canonica della chiesa, alla quale, alla fine, si sono ritrovate ad essere presenti decine di migranti senza che, a un certo punto, vi fosse qualcuno a controllare ciò che stava succedendo: «Per qualche ora abbiamo tollerato la musica ad alto volume e la confusione, poi a causa dell’alcol sono iniziate le liti e le urla in piazza». Seguite da un fuggi fuggi quando sul posto sono arrivate tre pattuglie: polizia, carabinieri e vigili urbani.
«È stato un mio errore, e chiedo scusa ai vicini per l’accaduto, ma questo non c’entra niente con quanto concerne la gestione del Centro di accoglienza straordinario»: don Massimo Biancalani spiega che quanto è accaduto domenica a Vicofaro deriva dalla possibilità che lui stesso ha dato a un ragazzo inserito nel progetto del Cas (ora a Ramini) di festeggiare il compleanno nel salone della parrocchia. «In quel momento – spiega il parroco – io non c’ero. Mi spiace che la situazione sia degenerata. È stata una mia ingenuità lasciare che si svolgesse quella festa, ma vorrei che l’accaduto non fosse confuso con la gestione del Cas». —
M.D.-V.V