Il Tirreno

Pistoia

Eccellenza 

Falivena e Meucci, anime del ritorno al successo di biancocelesti e Ponte

ROBERTO GRAZZINI

MontecatiniLa parola ai capitani. Quando il gioco si fa duro la palla passa a quello che è una sorta di allenatore in campo dal carisma più o meno dichiarato. Roberto Falivena e Lorenzo Meucci,...

30 ottobre 2018
2 MINUTI DI LETTURA





Montecatini

La parola ai capitani. Quando il gioco si fa duro la palla passa a quello che è una sorta di allenatore in campo dal carisma più o meno dichiarato. Roberto Falivena e Lorenzo Meucci, rispettivamente capitani di Montecatini e Ponte Buggianese hanno due personalità ben distinte. Il primo è uno scafato guascone dai tratti rudi con tante cicatrici nelle gambe ed esperienza e personalità da vendere. Ha visto scenari importanti ma si è calato con umiltà in una categoria dove non era mai sceso, l’Eccellenza, scegliendo Montecatini anche per motivi imprenditoriali. Lorenzo Meucci, è il classico ragazzo dalla faccia pulita, che preferisce parlare all’arbitro senza alzare mai la voce. È uno che punta più sull’esempio e sull’educazione. Non è un trascinatore nel vero senso della parola ma i compagni lo rispettano e quando è il momento sa farsi sentire come i ligi soldatini cresciuti come lui nella cantera dell’atalanta.

Biancocelesti e biancorossi venivano da giorni difficili per motivi diversi. La risposta però è stata forte e significativa come ci spiegano gli uomini dalla pesante fascia al braccio. Nel clan termale occorreva subito rialzarsi dopo la “Caporetto” con la Pro Livorno e la maxi squalifica a mister Marselli. «Ad Aulla abbiamo giocato da squadra vera ma non è una novità – tuona il barbuto Falivena-. È sempre stato così, eccezion fatta per la gara inaugurale a Vorno. Nel match con la Pro Livorno ci hanno castigato gli episodi e la bravura degli avversari. Nessuno tira indietro la gamba. Altrimenti non saremo lì, col fiato sul collo alla capolista Grosseto».

«Il problema del decimato Ponte era invece spezzare la maledizione del “Pertini” – spiega Meucci –. Per una squadra giovane come la nostra è fondamentale sentirci al sicuro tra le mura amiche. Non era importate giocare bene ma dovevano assolutamente battere il Camaiore».

«Lo abbiamo fatto nell’unico modo possibile – continua –: colpendo per primi e quindi a difendendo coi denti il bottino conquistato. Sono contento di essere stato l’autore della rete che ha deciso il match perché non vedevo l’ora di dedicare un gol al mio nonno Ivando, che ci ha lasciato poche settimane fa. Sin da piccolo e fino all’ultimo è stato il mio grande primo tifoso». Adesso l’imperativo è dare continuità ai risultati ed uscire dalla scomoda posizione di classifica. –

ROBERTO GRAZZINI

Primo piano
Il caso

Firenze, lettere minatorie ad Annalisa Savino, la preside antifascista: la procura ha aperto un fascicolo