Il Tirreno

Prato

Estorsione da ottantamila euro Indagata una banda di calabresi

Un ex bancario si è rivolto a un imprenditore edile per recuperare un credito di 120.000 euro ma lo hanno costretto a sborsare altri soldi dicendo che erano vicini alle famiglie della ’ndrangheta

01 aprile 2018
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PRATO. La Procura di Prato ha chiuso in questi giorni un’indagine a carico di sei persone, tutte originarie della Calabria, che sono accusate di estorsione ai danni di un ex bancario senese residente a Prato. L’inchiesta è stata condotta dal sostituto procuratore Egidio Celano e i fatti risalgono a un anno fa, ma sono stati resi noti ieri per tutelare la riservatezza delle indagini.

Secondo quanto riferito dal Nucleo investigativo, il principale indagato è Vincenzo Marchio, imprenditore edile che da anni vive e lavora a Prato, titolare di un’impresa con sede in via Cava. A lui si era rivolto l’ex bancario per chiedergli di aiutarlo a recuperare un’ingente somma di denaro vantata nei confronti di un pregiudicato milanese. Il bancario infatti sostiene di essere stato vittima di una truffa per un ammontare di 120.000 euro, ma il milanese non aveva alcuna intenzione di risarcirlo, e così il bancario aveva chiesto aiuto a Vincenzo Marchio, non sapendo che sarebbe andato incontro a guai peggiori.

Marchio e i suoi complici, spiegano i carabinieri, hanno lasciato intendere di essere vicini ad alcune famiglie della ’ndrangheta calabrese. A spalleggiare l’imprenditore edile sarebbero stati Giovanni Minarchi, residente a Reggio Emilia, Marco Giardino e Rocco Marchio (nipote di Vincenzo), residenti a Isola Capo Rizzuto (Crotone). I tre dunque partono dai loro luoghi di residenza e si mettono a disposizione di Vincenzo Marchio. Dopo qualche tempo comunicano al bancario che l’opera di convincimento sul pregiudicato milanese ha avuto successo e chiedono 80.000 euro per l’intermediazione, senza aver consegnato i 120.000. Il bancario fiuta la trappola e rifiuta, ma i quattro, spiegano ancora i carabinieri, si insediano nella sua abitazione e lo minacciano, imponendogli per un paio di giorni la loro presenza. Si fanno anche pagare una cena in un ristorante del centro e lo seguono in tutti i suoi spostamenti.

Alla fine riescono a imporgli il pagamento degli 80.000 euro mediante due bonifici on line su un conto corrente di una “testa di legno”. Qui entrano in scena due presunti complici, Umberto Ferrara di Serravalle Pistoiese, che secondo i carabinieri è un prestanome di Marchio nella gestione di una cooperativa edile, e Marianna Martino, moglie di Minarchi.

I soldi estorti al bancario finiscono su conti correnti d’appoggio e poi vengono divisi sui conti degli indagati in Toscana, Emilia Romagna e Calabria.

In questi giorni il sostituto Celano ha inviato agli indagati l’avviso di chiusura indagini ma al momento non sono scattate misure di custodia. Secondo i carabinieri gli indagati sono «esportatori in Toscana di un sistema delinquenziale mutuato dai tipici modus operandi calabresi, che cerca di trovare terreno fertile nell’ambito di una popolazione impreparata e fortemente vulnerabile di fronte a tali tipologie di illegalità». Questo non significa che i sei calabresi fossero millantatori. Giovanni Minarchi, per esempio, è uno che il 7 novembre 2006, a Reggio Emilia, non esitò a sparare a un egiziano che gli chiedeva di essere pagato con 200 euro per un paio di giornate di lavoro in cantiere. Lui e il fratello gliene volevano dare 140 e questa minima differenza, oltre al l’insistenza del nordafricano, rischiò di costare la vita a Mohamed Karam (per quel tentato omicidio Minarchi è stato poi condannato a 9 anni e sei mesi di reclusione nel 2009).

Com’era già accaduto per i fratelli Vincenzo e Silvano Bartolo di Poggio a Caiano, arrestati a gennaio dai carabinieri per l’estorsione a due imprenditori, il solo fatto di essere calabresi e di vantare un’abitudine alla violenza basta a intimidire, senza per forza mettere di mezzo la ’ndrangheta.

Certo, poi, se anziché rivolgersi a gente di questo tipo per recuperare un credito ci si rivolge alle forze dell’ordine, magari si evita di finire in situazioni spiacevoli.

Paolo Nencioni

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