Il Tirreno

Poveri raddoppiati e lavoro più precario: «Così anche in Toscana è crollato il Pd»

di Ilaria Bonuccelli
Poveri raddoppiati e lavoro più precario: «Così anche in Toscana è crollato il Pd»

Il professore De Masi analizza il voto nella ex roccaforte rossa toscana: «Renzi ha finito di distruggere lo Statuto dei lavoratori» 

30 giugno 2018
4 MINUTI DI LETTURA





LIVORNO. «In Italia nel 2007 le 10 famiglie più ricche possedevano quanto 3,5 milioni di poveri italiani; nel 2017 le stesse 10 famiglie possedevano quanto 6 milioni di poveri. In dieci anni la ricchezza si è addensata nelle mani delle stesse dieci famiglie e la povertà è raddoppiata. Questo è accaduto mentre al governo c’era un partito di sinistra che non ha perseguito la sua missione originale: ridurre il divario fra ricchi e poveri. E se lo ha fatto, ha fallito la sua missione». Con un “tradimento” Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del Lavoro alla Sapienza di Roma, motiva la scelta degli elettori della sinistra di votare le spalle al Pd. Anche nella Toscana (ex) rossa.

Professor De Masi come spiega questa impennata del divario fra ricchi e poveri in Italia durante i governi Pd?

«È accaduto perché mentre Berlinguer ha trasformato il Pci in una forza politica socialdemocratica, i suoi successori, da D’Alema a Veltroni e, soprattutto Renzi, hanno traghettato il partito da socialdemocratico a neoliberista. E Renzi ha portato talmente all’estremo questo arretramento del partito dei lavoratori da distruggere le conquiste dello Statuto dei lavoratori del 1970. Con Renzi si è compiuta quella azione padronale iniziata nello stesso anno per sottrarre i diritti dei lavoratori. L’azione si compie non con uno di destra ma con uno di sinistra».

Ma la crisi della sinistra non inizia con Renzi.

«Il problema inizia dopo lo Statuto dei Lavoratori ottenuto in Italia grazie a sindacati forti e al più forte Pci d’Occidente. Dopo quella conquista il padronato ha uno scatto di ripresa e la lotta di classe dei poveri contro i ricchi si trasforma in lotta dei classe dei ricchi contro i poveri per limitare il potere dei sindacati e dei lavoratori. A livello internazionale questo fenomeno conosce il suo coronamento 10 anni dopo in Usa con il presidente Reagan e in Gran Bretagna con il primo ministro Margaret Thatcher e con le loro teorie neoliberiste. Pure in Italia il padronato si riorganizza, mentre il Pci da marxista e comunista con Berlinguer diventa socialdemocratico, più vicino alla Norvegia e alla Svezia e meno rassomigliante all’Urss: un partito che vuole essere la voce dei lavoratori. Con la missione di ridurre il divario fra ricchi e poveri».

Invece?

«Invece il divario si è accentuato. Nel 2010, all’inizio della crisi, nel mondo 388 persone possedevano la stessa ricchezza di mezza umanità, 3 miliardi e mezzo di persone; nel 2018 la ricchezza di mezza umanità (cresciuta a 3,6 miliardi di persone) è concentrata nelle mani di 8 persone. I numeri italiani li abbiamo visti. E in Italia è Renzi ad avere compiuto la parabola neoliberista innescata da Reagan e dalla Thatcher».

Ma cos’è in concreto la parabola neoliberista?

«Uno stato meno sociale, un peggioramento dell’università: in 7 anni sono calati i docenti del 20% a fronte di un aumento degli iscritti. Sono aumentate le liste d’attesa in sanità; sono stati introdotti nuovi ticket per le prestazioni sanitarie e così via».

[[atex:gelocal:il-tirreno:regione:toscana:1.17007089:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.iltirreno.it/toscana/2018/06/27/news/elezioni-la-disfatta-del-pd-in-toscana-un-amputazione-politica-in-soli-tre-anni-1.17007089]]

Renzi porta a compimento la parabola neoliberista. Ma come si arriva a questo punto?

«Con la strategia perdente della sinistra. Quando il marxismo è entrato in crisi, non è stato creato il neo marxismo. Al contrario, quando il liberismo è entrato in crisi, i liberali hanno creato scuole straordinarie a Vienna e Chicago ed è nato il neoliberismo. Così quando il vetero marxista Massimo D’Alema si è trovato a corto di idee neomarxiste, si è servito di quelle neoliberiste».

Sta dicendo che da D’Alema in poi la sinistra è stata neoliberista invece che socialdemocratica?

«Gran parte della sinistra ha adottato idee liberiste: dire che il posto fisso è finito è un’idea liberista. Parole e idee neoliberiste sono state adottate da chi avrebbe dovuto essere neomarxista».

E non se ne sono accorti?

«C’è stata una grande caparbietà nel non vedere. Forse pensano che sia giusto che i poveri aumentino? Allora non si chiamino più Pd. Bastava creare un partito autonomo come ha fatto Macron in Francia e nessuno glielo avrebbe rinfacciato».

Invece?

«Hanno continuato a usare un’etichetta su un fiasco che prima aveva un altro vino. Hanno cambiato vino senza cambiare etichetta, pensando di bere il vino che volevano con l’etichetta che attirava le masse. Ma le masse se ne sono accorte».

E hanno anche mandato segnali a più riprese.

«La sinistra ha commesso errori terribili. Gli psicologi dicono che abbiamo 9 intelligenze: matematica, letteraria, musicale e così via. Renzi ha molte intelligenze. Ma non quella politica: è un idiota politico perché quando uno sbaglia la prima volta, non sbaglia la seconda, la terza. A meno che non abbia l’intenzione recondita di sbagliare».
 

Primo piano
La beffa

Keu, la Regione Toscana sconfitta al Tar: ora le bonifiche sono a rischio. Chi pagherà?

di Mario Neri