Il Tirreno

«Non sappiamo che cosa sia il Pd»: il popolo dem non si riconosce più

Mario Neri
«Non sappiamo che cosa sia il Pd»: il popolo dem non si riconosce più

Viaggio fra i militanti di Santomato a Pistoia. Gentiloni cita gli slogan Pci: «Ripartiamo da lì». E a Pisa, dopo 70 anni, la festa è a rischio

28 luglio 2018
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PISTOIA. La base scossa, tramortita, ammaccata, eccola, la base. Gaetano Algozzini e i suoi amici. Le facce aggrinzite, un po’ grigie, ché loro la lotta dura senza paura l’hanno fatta davvero. «Comunisti da sempre, militanti Pd siamo noi, che tu credi». Seduti qui, in prima fila, non se ne perdono uno dei comizi. Ieri sera Minniti, stasera Gentiloni – «che bravo, che serio, lui sì che ti fa stare sereno». Ma poi uno si aspetta che lo zoccolo duro, la militanza vera per te che sei venuto a sondare il popolo del partito, a tastargli il polso dopo la botta a Pistoia passata alla destra un anno fa, a misurargli la febbre diventata contagio col 4 marzo e poi pure Massa, Pisa, Siena perdute alla deriva nel mare sovranista, ecco ti aspetti sappia riconoscere la sua guida, il traghettatore locale, l’uomo intorno a cui stringersi per ricostruire dal basso. E allora, dicci Gaetano, chi è il segretario cittadino del Pd pistoiese? E li vedi Gaetano e i suoi amici, lo sguardo perso nel vuoto, tornare un po’ bambini, come quando a scuola la maestra ti chiede quella che non sai. Silenzio. «Chi è che mi chiama?», arriva baldanzoso ai piedi del palco Maurizio Bozzaotre, renziano eletto proprio da poco. «Bozza ché?», sgrana gli occhi Gaetano, lui che potrebbe farti i nomi di tutti quelli che alla mitologica festa dell’Unità di Pistoia son passati, da Berlinguer in poi, ma Bozzaotre cavolo no, non l’ha mai sentito.

Chi è? È la domanda ontologica, essenziale, l’interrogativo che domina su tutto e tutti (fra i tutti, i più sono dai 60 in sù). Non c’è militante o volontario che, dopo lunga, accesa, infervorata discussione, non rimanga un po’ come Gaetano. Ma cos’è il Pd? Per dire, Franco Mazzoncini, artigiano in pensione di Montemurlo, ha quasi finito la sua coscia di pollo. «Bella domanda. Renzi l’ha sbagliato? O vedrai, quando si perde, chi comanda perde di più. Ma non scherziamo, io ricordo anche quelli della ditta che prima quel referendum lo appoggiavano e poi ci hanno girato le spalle, se ne sono andati. D’Alema ha stappato lo spuntante. Sa che le dico, serve ancora pulizia, però dire chi siamo non lo so...». Ecco, a Santomato non cercate la vecchia ditta giaguara. Se c’è, resta muta, in silenzio. Qui il renzismo magari è un po’ claudicante, ma non si è estinto. Vannino Chiti, l’ex governatore appartenente alla corrente smacchiata, non s’è visto. Fra i dirigenti c’è l’assessore regionale franceschiniana Federica Fratoni.

Gli errori di Matteo, ok. I suoi errori, «ma mica è soltanto e solo colpa sua», si infervora Bruno Ciccioni, 75 anni. , E il leader, chi deve essere il leader. «Gentiloni», dicono i veterani. «Nemmeno per sogno», dice la consigliera renziana Elisa Signori, 29 anni. Sì, una giovane, ogni tanto ne spunta uno. «Ripartire dal basso, ma basso basso, dalla gente», dice ai tavoli a fine serata Stefano Bedini, che qui è una specie di uomo macchina. «Rimettiamo i coltelli nella fodera», dice Carla Tanteri. Le sconfitte, però, sono quasi un tabù. Nessuno ne vuole parlare. «Firenze, Prato, la Regione? Boh. . », allarga le braccia Franco, «la vedo dura». La paura e lo stordimento sono tali, per dire, da aver immobilizzato i dem pisani. Dopo 70 anni, le festa a Riglione potrebbe saltare: «Servono certificazioni tecniche che non arriveranno, non siamo sicuri di farcela. Forse slitta a settembre», dice il segretario comunale Biagio De Presbiteris. Ma ora la chiave è ripartire, e per farlo serve «capire prima chi siamo», dice Raffaele Marras, ex segretario regionale del Giovani democratici. «Ci siamo detti “torniamo nelle periferie, a parlare agli umili”. Va bene, va bene. Il problema è che dirlo non basta, bisogna capire come e cosa siamo. Siamo il partito dei diritti civili e basta o siamo di sinistra? Se non hai un messaggio forte, vince chi ce l’ha più forte del tuo e ti ruba voti e compagni, cioè Salvini». E allora, dopo il chi siamo e il dove andiamo, si apre un altro interrogativo. Il Pd è ancora di sinistra? Accanto a Mazzoncini, c’è Giancarlo Bracciali, operaio, volontario, tesserato, allarga le braccia e a tavola aleggia il grande boh. Per Alvise Bartoletti, 83 anni, da 66 ai fornelli della festa di Santomato, «senza dubbio sì», addirittura gli 80 euro lo erano di sinistra», anche se poi, poco più in là, Bice Angileri, ex elettrice, dice che no, col cavolo, «quella è solo elemosina». E allora sotto i pini arriva la voce di Paolo Gentiloni. Il dibattito con l’ex premier è stato spostato nella saletta del circolo. Pioviggina. E, ok, vi sembrerà impossibile, ma la versione gentilona del Pd ha dato una scossa. S’è sentito un applauso. Perfino cori da stadio. Perché, dopo aver parlato della disumanità dei giallo verdi con i migranti, di 11 miliardi bruciati a far ballare lo spread, anche lui s’è fatto la domanda cruciale: «Ma insomma, cosa dobbiamo essere? Io ricordo i vecchi 4 slogan del Pci: pane pace lavoro libertà». Scroscio in sala, esultanza, la ola. «E lo dice uno che non è mai stato nel Pci...» Urla una signora: «Male! ». –
 

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