Il Tirreno

Versilia

Le mani della mafia arrivano anche in Versilia

di Donatella Francesconi
Le mani della mafia arrivano anche in Versilia

Lo studio della Scuola Normale per la Regione si concentra anche su Viareggio. Nel report anche l’inchiesta della Dda di Firenze sullo smaltimento dei fanghi

13 dicembre 2017
3 MINUTI DI LETTURA





VIAREGGIO. La criminalità organizzata, le “mafie”, esistono, si muovono, hanno interessi, fanno affari in Toscana ed in Versilia? La risposta, dati alla mano, è nel “Primo rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione in Toscana” frutto del lavoro della Scuola Normale Superiore di Pisa (responsabile scientifico la professoressa Donatella della Porta). Un lavoro commissionato dalla Regione Toscana.

«Le evidenze qualitative raccolte durante le prime interviste sul campo, l’analisi delle misure di prevenzione patrimoniale e delle principali fonti investigative disponibili (relazioni Dia e Dna) insieme alla raccolta degli eventi principali dello scorso anno pubblicati sulla stampa, suggeriscono come questi gruppi in Toscana possano aver raggiunto in alcuni casi circoscritti un grado di insediamento organizzativo ed economico prima non osservato, o meglio rilevato, dall’autorità investigativa e giudiziaria». Un’attenzione alta a quei fenomeni che si vedono ma non sembrano, o sembrano ma non ci si crede, richiamata recentemente anche dal procuratore capo di Livorno, Ettore Squillace Greco.

Un fenomeno, quello del grado di insediamento raggiunto cui fa riferimento il rapporto, che «non interesserebbe principalmente i capoluoghi di provincia (anche se questi restano tra i luoghi preferiti per attività di riciclaggio), quanto i Comuni di più limitata dimensione demografica. O comunque, quei comuni come Viareggio che, pur non essendo capoluoghi, hanno una rilevanza significativa su più profili».

Il lavoro della Normale passa in rassegna le ultime inchieste più significative condotte dagli inquirenti sul territorio viareggino. E ne esce un quadro che snocciola, in fila, usura, estorsioni, gestione dell’attività di prostituzione, ma anche vicende legate ai rifiuti come quella che ha interessato un bel pezzo di Toscana in relazione allo smaltimento illecito dei fanghi da depurazione (per Viareggio) e da cartiere (per la Lucchesia). I soggetti coinvolti sono per lo più legati al clan del casalesi, ma non solo perché sul fronte dell’usura le condanne portano invece a soggetti ormai locali, operando gli stessi stabilmente in Versilia.

[[atex:gelocal:il-tirreno:versilia:cronaca:1.14876846:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.iltirreno.it/versilia/cronaca/2017/02/14/news/mafia-in-porto-a-viareggio-il-caso-in-commissione-antimafia-1.14876846]]

Lo studio non prende in considerazione quanto avviene nel porto viareggino. Ma è sufficiente leggere i provvedimenti delle Prefetture siciliane per trovare la descrizione di soggetti che hanno concessioni demaniali, operano su banchine pubbliche e molto altro nella Darsena viareggina, ma sono «particolarmente pericolosi e ben inseriti nella criminalità organizzata, sia mafiosa sia dedita al traffico di stupefacenti (in particolare affiliati ai clan mafiosi Santapaola e Madonia)».

Il lavoro della Normale punta il riflettore sulla nostra città anche per «l’aumento significativo sul territorio toscano di incendi dolosi e attentati di intimidazione contro esercizi commerciali, cantieri e sedi di aziende». Eventi che «denotano in ogni caso l’incremento sul territorio di attività illecite che necessitano dell’intimidazione nei confronti delle vittime a fini estorsivi e/o, come spesso provato poi dall’autorità investigative, per il ritorno crediti a scopo di usura. Queste attività sono state ricondotte in alcuni casi a soggetti per i quali talvolta si è anche ipotizzata un’aggravante mafiosa. Gli eventi sono prevalentemente concentrati nell’area della Versilia, area vasta-centro e Valdarno».
 

Primo piano
Povertà energetica

Caro bollette, in Toscana 200mila persone non riescono a pagare a pagare gas e luce: «Col mercato libero va anche peggio»

di Martina Trivigno