Il Tirreno

Versilia

Sos al ministro per il caso protesi al cobalto

di Matteo Tuccini
Sos al ministro per il caso protesi al cobalto

Il Tribunale del malato: fatto molto grave, vogliamo chiarezza. «Nostra assistenza ai pazienti che si ritengono danneggiati»

19 dicembre 2017
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VIAREGGIO. Lei lo dice con chiarezza: è un fatto molto grave, su cui servono risposte dai massimi livelli della nostra sanità. «Deve intervenire il ministero della Salute su questa storia. Per spiegare le ragioni di alcune scelte e dare una risposta a una domanda: perché ci sono stati comportamenti diversi da Regione a Regione sull’applicazione delle protesi?» .

A intervenire sul caso delle protesi d’anca al cobalto è Cristina Parpinelli, responsabile del Tribunale del malato dell’ospedale Versilia. Un’istituzione storica dell’ospedale di Lido, che raccoglie proteste ed esposti dei pazienti che si ritengano danneggiati. «Lo faremo ovviamente anche in questo caso, sempre in maniera gratuita – dice Parpinelli – Fornendo assistenza sia medica che legale per un primo esposto, nel caso in cui la persona che si ritrova la protesi al cobalto ritenga di doverlo fare. Ovviamente con una nostra valutazione a sostegno».

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Parpinelli è rimasta sorpresa come tutti dalla vicenda. Che soltanto in Versilia riguarda 250 persone, 200 delle quali verranno richiamate dall’Asl per accertare eventuali danni alla salute causati da questo tipo di protesi metallo su metallo (cromo-cobalto). Mentre in tutta la Toscana i casi sono 3.500, secondo il Centro rischio clinico della Regione. In più ci sono tutti quelli che si sono operati fuori Toscana, come il viareggino che si era rivolto all’istituto ortopedico Rizzoli nel 2014. E che è stato richiamato di recente per il controllo.

«Un paio di anni fa – racconta Parpinelli – siamo venuti a sapere di un paziente che aveva la protesi al cobalto e che lamentava conseguenze sulla propria salute. Ma in quel caso si trattava di una forma di intolleranza che lo rendeva sensibilissimo a qualsiasi variazione degli ioni metallo nel sangue. Lo abbiamo assistito e la vicenda sembrava finita lì». Ora il nuovo caso, diverso da quello esploso tra 2010 e 2012 con il modello di protesi Asr della casa produttrice De Puy. Un modello ritenuto difettoso e ritirato dal mercato. Invece, a partire dalla fine del 2014, sono emerse sempre più certezze scientifiche sul fatto che tutte le protesi al cobalto potessero avere conseguenze sui pazienti. I medici, tra cui il primario di ortopedia del “Versilia” Mario Manca, escludono le conseguenze peggiori come i tumori. Ma l’avvelenamento da cromo e cobalto può comunque avere conseguenze sul sistema nervoso e sul cuore. Oltre che portare a possibili infiammazioni dell’area interessata dalla protesi, con una specie di carie dell’osso assai fastidiosa.

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«Questa vicenda è molto grave – dice Cristina Parpinelli – e merita di essere approfondita in ogni suo aspetto. A partire dalle responsabilità. Sono i medici che hanno insistito per mettere queste protesi, oppure gli ospedali, le Asl, le Regioni? È per questo motivo che dovrebbe essere il ministero della Salute a fare chiarezza e a dare un’indicazione. Non è possibile che in alcune regioni come le Toscana le protesi al cobalto siano state bandite nel 2011, mentre altrove continuino a metterle».

Anche in questo caso il Tribunale del malato offrirà assistenza ai pazienti che ritengano lesi i propri diritti. «Noi diamo una prima valutazione sia con un parere medico che con quello del nostro avvocato. La valutazione è gratuita e serve per verificare se ci siano elementi per presentare un esposto. A quel punto lo presentiamo. È ovvio che se la vicenda prosegue dal punto di vista legale l’utente dovrà avvalersi di un proprio avvocato». Per ulteriori informazioni rivolgersi allo 0584 6059594: gli sportelli sono aperti il giovedì pomeriggio e il venerdì mattina all’ospedale Versilia.

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