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L’autore del bacio gay «Sono un po’ deluso ma l’arte ha vinto»

Cesare Bonifazi
L’autore del bacio gay «Sono un po’ deluso ma l’arte ha vinto»

Emanuele Giannelli replica alla scelta di spostare l’opera all’esterno della chiesa: Le mie opere sono un dialogo

23 luglio 2018
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SERAVEZZA

«Non posso dire di esserci rimasto bene, questo è ovvio, ma devo ammettere che quanto è successo è una vittoria di ciò che io definisco arte». Non c’è alcun rancore nelle parole di Emanuele Giannelli, l’artista romano ma pietrasantino d’adozione, al centro delle polemiche per la sua scultura di due uomini intenti a baciarsi rimossa dalla chiesa di San Martino dopo le proteste dei fedeli.

Nei giorni scorsi tutta la zona intorno alla pieve è diventata una sorta di museo a cielo aperto: decine di opere sono state installate per la rassegna conclusasi ieri “Anteprima Cibart”. Tra le varie sculture c’era anche Polaroid: due mezzi busti maschili che sono ritratti nell’atto di un sensuale bacio. Un’effusione omoerotica. Niente di particolarmente provocatorio se non fosse stata piazzata proprio dentro alla chiesa, a neanche un metro da una scultura del Cristo. Malgrado l’ok della Chiesa e di don Hermes Luppi, l’opera non è andata giù ad alcuni parrocchiani che hanno protestato: un affronto secondo alcuni tanto che i due uomini hanno continuato a baciarsi nel sagrato.

«Sono contento che il parroco abbia deciso di difendere la scelta - spiega Giannelli - ma capisco anche che per non creare problemi è stato opportuno mettere la scultura altrove. Ma questa decisione è comunque una vittoria dell’arte: quello che faccio con il mio lavoro è provocazione. Ma non in senso scioccante, voglio che il termine rimanga nei termini semantici: voglio provocare una reazione, un dialogo. E in questo caso c’è stato, in qualche modo c’è stata una reazione a una provocazione. Quello che volevo rappresentare era l’essenza di un bacio, di un amore, poco importa se si tratta di due uomini».

Ma l’artista fa anche una velata accusa di perbenismo: «L’unico rammarico che ho è il fatto che nel 2018 ancora siamo qua a parlare di omosessualità - conclude - negli anni 80 ero nei miei 20 anni e i miei amici gay dovevano andare a Londra o a Berlino per farsi le loro storie e per vivere in maniera serena la propria condizione. È evidente che esiste ancora molto da fare sul tema». —



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