Ecco perché, a 30 anni, lascio l’Italia

Antonella a breve si trasferirà a Stoccolma
Antonella a breve si trasferirà a Stoccolma

Grazie a Antonella Ninni, che parte per la Svezia

“Perché il magone? Perché testona e impegnata come sono stata sempre, dopo la laurea sono entrata a contatto con enti locali, politici e amministratori e quell’ideale si è scontrato con avidità e incompetenza, corrodendomi fino a rasentare una depressione”.

“Per questo tra un mese lascio l’Italia dopo trent’anni, Firenze dopo undici e vado a vivere a Stoccolma. Qualcosa mi inventerò, sono nata e cresciuta a Taranto, la resilienza per noi è un’abitudine, la impariamo quando mettiamo la mano sul naso per non respirare il minerale passando nei Tamburi”.

“Risposta lunga alla domanda: ‘Ma vuoi mettere l’Italia con tutto quel freddo in Svezia?’. Quand’ero al liceo partecipai al Festival della Legalità, avevo sedici anni e scrissi un tema sui boss del mio paese che tutti temevano e che alle feste portavano la Madonna sulle spalle, il più grande dei privilegi. Vinsi quell’anno e l’anno seguente. Il premio me lo porse Don Franco, il parroco della parte vecchia della città che stava rianimando l’area per evitare che ci ammazzassimo in macchina ubriachi, per noia”.

“Mi disse: ‘Anche se non credi nel mio lavoro ascoltami, mettili a frutto questi pensieri’. Io nel suo lavoro ci credevo tantissimo, ma non glielo rivelai. Lasciai l’idea di fare medicina, mollai il corso pomeridiano che preparava al test e parlai con mia madre. Eravamo in spiaggia e le dissi: ‘Voglio andare a Firenze a fare Scienze Politiche, fatemi andare che io qui muoio'”.

“Firenze l’avevo amata dai racconti da militare di nonno Giovanni e nella settimana in gita, quindi non avevo dubbi. Da quando ci venni a stare mi buttai anima e cuore, circondata da persone appassionate, curiose e fantastiche che sarebbero diventate la mia vita. Ci incazzavamo, scendevamo in piazza, firmavamo petizioni, litigavamo coi prof, occupavamo, discutevamo di tutto. Insieme diventavamo migliori. Non mi sono mai pentita. Studiando ho capito che per me la politica si basa sull’empatia, sul sentire le ingiustizie come proprie e lavorare giorno dopo giorno per ridurre le disuguaglianze e rendere il mondo un posto meno terribile di come l’hai trovato”.

“Per questo me ne vado. Perché tra tutte le cose che mi lasciano sgomenta, la mancanza totale di senso del dovere e di responsabilità da parte di chi mi rappresenta, mi sta spegnendo. Me ne vado perché un Paese in cui chi ti rappresenta ti disprezza o ti ignora, è un Paese che imbruttisce, rende egoisti e toglie la bellezza dell’essere cittadini, di partecipare. Parto col magone e gli occhi pieni di decine di coetanei pieni di talento elemosinare spiccioli e dignità e non credere più in niente, disillusi già a trent’anni”.

“Mi prendo la neve, le ore di buio, una lingua impossibile e un Paese in cui sarò straniera e lascio un Paese in cui un parroco definisce Emma Bonino più sanguinaria di Totò Riina senza perdere lavoro né fedeli. Avrei voluto che i miei figli giocassero a scopa coi nonni la domenica a pranzo, mentre di là si cucina e di sottofondo c’è un brutto programma in tv. Invece magari ameranno un Lars e un Andreass, mi correggeranno la pronuncia svedese e guarderanno straniti quell’Italia che mi tengo nel cuore”.