Se insegnare è sterile sono stanca di lottare

Elisabetta, Lisa per gli amici, insegna italiano agli stranieri
Elisabetta, Lisa per gli amici, insegna italiano agli stranieri

Grazie a Elisabetta Maccani, Trento

Elisabetta lavora come insegnante di lingua e cultura italiana con persone richiedenti protezione internazionale ospitate in Provincia di Trento. Questa la sua lettera.

“Come sta la tua famiglia? Bene, grazie. Quanti anni hai? Quaranta. Tu vecchia. No, in Europa una donna di quarant’anni non si considera vecchia. In ogni caso per una persona si dice anziana, non vecchia: la mia macchina è vecchia, le persone sono anziane. E comunque, ragazzi, ricordatevi: è buona norma non chiedere l’età a una signora. Perché? Diciamo che a noi europei non piace invecchiare. Abbiamo paura di diventare anziani. E tu? Sì, anche a me fa paura. Tu anziana, ma bello. Grazie”.

“Il mio lavoro molto particolare è entrato nella mia vita come un uragano quattro anni fa, coincidendo con un momento di profonda crisi personale. Ero da poco rientrata in Italia dopo un’esperienza di più di dieci anni in Spagna. Quando mi sono resa conto che vivevo con rassegnazione l’essere in un paese straniero, quasi fosse una sorta di esilio, ho capito che era il momento di tornare a casa. Ed è così che ho trovato un’occupazione che ho amato intensamente fin dal primo giorno”.

“Qualche giorno fa un conoscente mi ha fatto riflettere sul fatto che in fondo la nostra attività sia sterile. Sterile a ben pensarci lo è, se la si considera da un punto di vista economico. Viviamo grazie a fondi pubblici e, una volta esauriti quelli, per noi non c’è più margine di manovra. È sbagliato avere un unico committente. L’ho sempre saputo, ma non abbiamo mai avuto il tempo e l’energia di occuparci di altro”.

“Sarà pure sterile, sta di fatto che – egoisticamente parlando – ciò che faccio mi ha permesso di crescere come persona. A volte vorrei che qualcuno entrasse con me in classe. Le domande che mi pongono spesso mi mettono in difficoltà. Specie sulla religione. Perché in chiesa hanno tutti i capelli grigi? Non ci avevo mai badato. Forse perché non la frequento molto, visto che ci vado solo per i funerali. In questi anni ho conosciuto storie toccanti e ho anche incontrato persone che mi hanno dato sui nervi. Ad alcuni ho anche indicato la porta, invitandoli a uscire se non interessati”.

“Quanta energia nel tentare di distoglierli dai loro pensieri fissi (i documenti, la famiglia nel paese di origine e la mancanza di lavoro) e nel motivarli allo studio della nostra lingua. Ma preferisco conservare il ricordo della passione di chi non ha mai avuto la fortuna di poter andare a scuola nel proprio paese (quanto stupore quando spiego che cos’è l’obbligo scolastico) e prende in mano con difficoltà una penna e un quaderno (quasi sempre al contrario)”.

“Due giorni fa ho saputo che probabilmente i corsi di lingua e cultura italiana nella nostra provincia non riprenderanno a settembre per ‘problemi amministrativi’. La mia reazione è stata di stordimento. Il servizio che eroghiamo non è più ritenuto indispensabile. Come se fosse possibile riuscire ad avere un ruolo attivo nella società non comprendendone la lingua. Ammetto di essere stanca. Di non essere certa che tentare di andare controvento abbia realmente senso. Lavoro sterile, mi ha detto. Non faccio che ripensare a queste parole”.