Il razzismo spiegato da un napoletano

Stefano abita nel quartiere Vasto di Napoli
Stefano abita nel quartiere Vasto di Napoli

Grazie a Stefano Gaeta, Napoli

“Vivo nel quartiere Vasto di Napoli. Una sera di giugno la strada dove abito per circa due ore è rimasta bloccata al traffico per una festa privata di residenti di pura razza ariana (si fa per dire: sempre napoletani siamo). Una folla di alcune centinaia di persone aspettava l’arrivo di un cantante locale. La star si è fatta viva intorno a mezzanotte, ha tenuto il suo concerto a volume da festa di piazza. Nessuno – me compreso – ha chiamato le forze dell’ordine”.

“Gli stranieri cucinano, a volte si denudano e orinano per strada in pieno giorno. E’ vero, li ho visti anch’io. Come da sempre vedo cucinare e vendere per strada pannocchie, pizze fritte e carciofi arrosto. Come da sempre, nelle bollenti serate estive, vedo i miei concittadini per strada a torso nudo o sulle sdraio a cercare il fresco che non trovano in casa. Un paio di mesi fa in una buca nell’asfalto, una di quelle che si riformano sempre nello stesso posto, qualcuno aveva piazzato un water. Forse era uno scherzo, o una protesta, chi sa. Una sera un paio di giovanotti, ariani anche loro, passando in motorino si sono fermati e ci hanno orinato dentro”.

“Queste cose mi lasciano indifferente? No, mi creano disagio. Sento di subire continue sopraffazioni da parte di chi controlla e comanda il territorio nel sostanziale disinteresse delle istituzioni (tanto per dire: in un quartiere così un paio di anni fa è stata chiusa una caserma dei Carabinieri). Però purtroppo devo riconoscere che gli stessi comportamenti, se attuati da cittadini stranieri mi creano un disagio maggiore”.

“Perché? Principalmente, credo, perché sento di non avere codici di lettura adeguati. Mentre un mio concittadino ‘lo interpreto’ e capisco da come parla, da come veste, da come si muove, se sta minacciando, se presidia il territorio, se si impone, se sta per i fatti suoi, lo stesso non riesco a farlo con gli altri. Nessuno, dalle miei parti, si è mai sognato di protestare per l’odore dei carciofi arrosto. Nessuno ha mai detto molto per i posti auto che taluni ‘si riservano’ lasciando masserizie varie ad occuparli e minacciando chi volesse spostarli, in strade dove gli ausiliari del traffico si vedono, se va bene, un paio di volte l’anno”.

“Se la stessa cosa la fanno cittadini stranieri scoppia la rivolta. Naturalmente a volte abbiamo a che fare con qualcosa di più grave: risse, aggressioni, violenze. Ma, onestamente, stiamo parlando della zona di piazza Garibaldi. Quando, a nostra memoria, questo quartiere di questa città è stato un posto ‘sicuro’? Però mi chiedo: se dovessi essere vittima di una rapina o di un’aggressione, farebbe differenza il colore della pelle di chi mi ha aggredito?”.

“Devo dire che forse sì, farebbe differenza. Se dovessi essere vittima di un mio concittadino penserei a una mia corresponsabilità: non sono stato io abbastanza prudente, non ho saputo utilizzare i codici di valutazione della circostanza. Se fossi vittima di un cittadino straniero forse mi sentirei maggiormente in balia dell’imprevedibilità, per non saper decifrare dove e da chi è prudente stare alla larga. Nel dubbio, la reazione ovvia è stare alla larga da tutti i cittadini stranieri. Razzismo, dunque”.