Le donne, la politica e la sindrome della segretaria

Alexandra, neo eletta democratica al Congresso degli Stati Uniti
Alexandra, neo eletta democratica al Congresso degli Stati Uniti

Grazie a Ettore Nobis, Francesco Testa, Cristina Bonetti, Paola Breccia

Guardo sulle prime pagine le foto di Alexandra Ocasio-Cortez, ventinovenne americana neo eletta al Congresso, mi appassiono – come tanti – alla sua biografia e ai suoi progetti, poi penso alla sinistra italiana, alla corsa per le primarie del Pd. Rispondo a Ettore Nobis, un lettore, che mi invia il link di un articolo: nessuna donna tra i candidati, possibile? Possibile, signor Nobis. Anche la sinistra italiana ha avuto le sue giovani donne appassionate ma le ha ‘metabolizzate’ e ‘ricondotte all’ordine’ molto rapidamente.

Diciamo che si sono anche lasciate ricondurre. A volte, in politica come nella vita, dire di no al compromesso, non ridursi a fare da foglia di fico è gesto pubblico più rilevante che accettare le regole del gioco pur di giocare. E’ sbagliato il gioco: o si prova a cambiarlo o si resta, avallandolo. Paola Breccia mi scrive della ‘sindrome della segretaria’. Dice così:

“Sì, diamo forza e visibilità alle donne. Ma c’è bisogno di fare squadra, evitare ‘la sindrome della segretaria’ cioè cercare di emergere sulle altre per mettersi in luce col manager maschio. Purtroppo negli ambienti di lavoro succede spesso e quest’ultimi ne approfittano”. La segretaria, la signorina, l’assistente quando non (o insieme) la figlia, la moglie, l’amante di. Per aver posto è importante non essere temibili, oppure esserlo per interposta persona. O sei solo una segretaria, inoffensiva, o sei ‘qualcosa di qualcuno’ e allora colpirti potrebbe scatenare l’ira di lui. L’autorevolezza femminile in prima persona, al netto degli attributi di sudditanza o parentela, nella nostra cultura politica non ha casa. Nessuna candidatura femminile è mai stata presa sul serio a sinistra né per le segreterie di partito, né per il governo, né per la presidenza della Repubblica (cito casi in cui candidate ‘di immagine’ ci sono anche state, ma di immagine, appunto).

Francesco Testa, 85 anni, mi scrive: “Mi rammarico che ‘il pensiero femminile’ non abbia agito in parallelo con quello maschile esprimendo punti di vista diversi in funzione di una scelta dialettica, finora mancata.?I miei 85 anni da tempo mi hanno chiarito le differenze tra i due generi, scoprendo che il potere in mano maschile è responsabile di tutti i problemi che offuscano il futuro nostro e dei nostri figli”. Magari non di tutti, ma di molti.

E Cristina Bonetti, alla fine di una lunga lettera: “Di questo abbiamo bisogno. Non di donne a immagine e somiglianza di maschi, ma di una nuova dirompente forza delle donne, in politica come nel lavoro, nel mettere in campo proprio quella differenza di genere che nelle battute dell’universo mondo maschile sono derise, ma che, per i maschi stessi, hanno significato la differenza tra la vita e la morte. Grazie alla loro madre”.

Vedo qualche piccolo segnale. Debole, ancora, ma concreto. Donne che si organizzano su questioni precise, che animano le piazze. La condizione per farlo in genere è che non ci siano insegne politiche. Ecco: il passo successivo, mi pare, dovrebbe essere andare a prendersi quelle insegne e levarle verso l’alto, sollevarle dalla polvere dove sono state trascinate.