L’arbitrio imperante

Luigi in una foto dell'immediato Dopoguerra
Luigi in una foto dell’immediato Dopoguerra

Di padre in figlia. Nelle memorie di Luigi ritrovate da Adele, l’anelito di libertà di un giovane antifascista

Quello che mi colpisce in questa lettera è la lucidità di analisi sul fascismo che fa Luigi, giovane maestro elementare, appena uscito dalla tragedia della guerra. Come sia attuale quando parla di “arbitrio imperante e fanatismo diventate norme di condotta”.

“Mi chiamo Adele Facchi, sono pensionata e ho 64 anni. Ho ritrovato un manoscritto di mio padre Luigi, insegnante elementare, nato nel 1920 e morto all’età di 74 anni, in cui esprime le peripezie che ha affrontato durante il fascismo, riuscendo a sfuggire alla prigionia dei tedeschi, che lo avevano prelevato dalla caserma in cui era per deportarlo in un campo di sterminio con i suoi commilitoni”.

“Mio padre scrive: ‘Molti presentano il fascismo come reazionario e alleato alla  borghesia capitalistica e non vedono invece che è da condannare soprattutto perché intollerante di qualsiasi critica e opposizione, ciò che più mi offende è la prepotenza e la sopraffazione. Lo spettacolo di tante iniquità commesse in nome di un falso patriottismo, l’arbitrio imperante, il fanatismo sono ormai diventate norme di condotta. Chi poteva desiderare che la guerra nazifascista avesse esito vittorioso? Una simile vittoria avrebbe significato la sconfitta, l’asservimento dei popoli, compreso l’italiano, al nazismo. Quando le masse vedranno in noi degli uomini di carattere, uomini che vivono veramente per un ideale, uomini che non cercano l’alleanza ed il favore dei potenti e dei ricchi, pur sapendo usare di questi aiuti, ma che lottano per l’emancipazione dei poveri e degli oppressi, allora le masse saranno con noi’”.

“Mio padre terminò la scrittura di queste memorie nel maggio 1946 ed espresse così il concetto di libertà: ‘Eccoci al 25 aprile. Noi che fummo esuli in patria, noi che sentivamo la morte in ogni angolo, noi che vivemmo in quell’atmosfera di terrore per non prostituire la nostra coscienza per non vilipendere la nostra dignità,  noi possiamo veramente apprezzare in tutta la sua portata questa santa libertà’. Sulla libertà fece anche queste riflessioni: ‘La libertà di parola e di stampa devono essere accompagnate dalla libertà dal bisogno, risolvendo il problema della giustizia sociale. E’ mia profonda convinzione che non vi può essere una vera e duratura elevazione sociale, senza carità e senza libertà’”.